martedì 31 maggio 2011

Vinidamare sotto il sole di Camogli


- gdf 2011 -


Non ci crederete ma in questo periodo dell'anno al mare fa caldo. Se poi ti metti sotto il sole a picco su un qualsiasi lungomare non protetto dalla vegetazione, o almeno all'ombra di un qualche edificio la sensazione di fusione a caldo aumenta esponenzialmente. " Belìn, ma non si poteva fare in periodo dell'anno un po' più fresco? " . L'argomento principale della giornata è diventato questo. Ed è un peccato perché la partecipazione massiccia e qualitativa non è assolutamente mancata, però prendere in mano bicchieri vulcanizzati al sole ed avvicinarsi ai gazebo dei produttori in trepida attesa di un sacchetto di ghiaccio poteva già rappresentare un atto eroico. I migliori produttori liguri, tutti insieme, tutti o quasi tutti a confronto. Bravi, le intenzioni non sono mancate, non come fanno i migliori ristoratori della Riviera dei Fuori, che per fare gli individualisti riescono in 6 a fondare tre associazioni diverse. Qui, ripeto, almeno nelle intenzioni la disponibilità del repertorio a disposizione degli avventurosi avventori era vasta e qualitativamente alta. Però era oggettivamente improbo mettersi a raffrontare qualsiasi gamma di vini rossi con 30 gradi e il sole che ti batte in testa. Quindi sono stati i vini bianchi a diventare naturalmente i protagonisti della giornata. Per quanto mi riguarda, conoscendo meglio la zona di Ponente, ho cercato di focalizzare meglio la zona di Levante, dove, a parte la star incontrastata che fa di nome Walter de Battè, anche l'azienda La Ghiaia di Sarzana con i suoi convincenti Vermentino, e lo Sciacchettrà di Riomaggiore Giuliani e Pasini sono state le novità più interessanti. Moltissimi gli assaggi, ma diventa inevitabile dopo due ore di sofferenza texana rifugiarsi al fresco e buttar giù due birre e un gintonic. Deliziosa Camogli, ma prima di programmare e organizzare una così bella manifestazione bisognerebbe tenere conto della localizzazione degli stand e soprattutto dare un'occhiata al calendario. Perché alle soglie del mese di Giugno, al mare potrebbe anche esserci molto caldo.

Sophie della Velier con l'armadillo Hazel

Al gazebo della Tenuta La Ghiaia di Sarzana.


Vladimiro Galluzzo, Terre Rosse.

U Baccan e il resto del repertorio dell'Azienda agricola Bruna.


Le Rocche del Gatto, Andreis.


Walter de Battè con Sophie.


Le donne del vino di Ponente : Tenuta Anfosso e Maccario Dringenberg.


L'equipe dei degustatori dell'Armadillo bar con i bicchieri al collo...Massimo Viglietti, Marco Carmassi, gdf.

Finalmente il tramonto!





Barman, my gintonic please!



- gdf -

domenica 29 maggio 2011

Domenica. Un po' Celtica e molto Occitana

- gdf 2011 -



















- l'arpista -

Pranzare al Grand Hotel di Alassio ?


- gdf 2011 -


L'edificio è molto elegante, la posizione perfetta, gli spazi comuni interni epurati di ogni eccesso, i salotti raffinati e minimalisti, la collocazione del ristorante attraente e coinvolgente se lo scopo è guardare ed essere visti. La carta del "Passage" però invoglia poco, e non è un problema di prezzi, ancora comprensibili tenuto conto della posizione, del blasone dell'albergo e dello spessore dei portafogli che circolano nella cittadina che spunta prezzi al metro quadro dei mini alloggi che veleggiano al largo dei 15.000 euro . Ora, quello che stupirà chiunque si avvicinerà a questa carta, non saranno appunto i prezzi più che accettabili, quanto la descrizione dei piatti, che sembrano usciti dal triangolo della moda milanese. Ci siamo capiti, ok, non si pretende una cucina d'autore, ma per lo meno un po' più di contatto territoriale che modaiolo, o una qualche idea intrigante che stimoli il cliente curioso a varcare la soglia, ma questa è la scelta, e allora mentre stavo entrando mi sono chiesto più di una volta perché avrei dovuto imbarcarmi in una spedizione con destinazione Via Manzoni, Montenapo, Corso Vittorio... Perché? E la risposta è stata no.


Non si legge bene?
Insalatina, ricottina, burratina , tartare, prosciutto e melone, pomodoretto, risottino all'astice, gamberi al cognac, mousse, parfait soufflé...
-gdf-

sabato 28 maggio 2011

Gradite un Po di Bordo’ ? Ecco il menù di Flavio Costa

- del Guardiano del Faro -


La piena maturità di uno chef quarantenne la puoi riscontrare con estrema facilità se questo è in grado di esprimerla sui diversi temi che si trova ad affrontare, che siano relativi alla scelta e alla conoscenza delle materie prime, alle diverse tecniche di cottura , agli accostamenti scelti, e in questo caso anche alla sensibilità relativa agli abbinamenti cibo vino, perché se è vero quanto detto più di una volta da un noto critico gastronomico : " ma siamo sicuri che gli chef di successo abbiano anche un buon palato?" , è altrettanto vero che non sono moltissimi quelli che si sono applicati con dedizione anche al mondo enologico. Flavio è uno che ormai a seconda dei temi e delle situazioni che gli si profilano davanti, da la sensazione di individuare l'obiettivo con la stessa precisione di un navigatore satellitare, e a destinazione ti porterà evitando banali autostrade ma anche scomodi sterrati. Stavolta il tema era abbastanza scontato, e soprattutto non sviluppabile in ampiezza, avendo a disposizione solo vini rossi bordolesi, ma la scelta di un paio di elementi ittici tra i più intensi e pregni di carattere, l'improvvisata e riuscitissima scaloppa di un foie gras, finalmente all'altezza di quelli che si trovano in Francia ( questo fresco dalle Lande) e una sequenza di carni e salse adeguate ai toni che potevamo incontrare nei vini ha comunque ribadito uno stile di cucina compiuto ed affidabile . Poi naturalmente pesce e foie gras hanno trovato più logica sistemazione a fianco di Champagne e Sauternes, ma la scelta di inserire nelle salse delle carni i profumi che avremmo, come è infatti stato, ritrovato nei vini, rivela una ricercata cura del dettaglio. Tartufo nero, nocciola, liquirizia, pepe, menta o caffè, sembravano messi li apposta per consentire ai nobili bordolesi di appoggiarsi senza traumi. Le acidità qui non erano necessarie, anzi, sicuramente deleterie in certi casi, e quindi ne sono state evitate le enfatizzazioni. Mi è mancato solo l'abbinamento più classico legato a questi vini, e cioè l'agnello; stavolta alla povera bestiola è andata bene e a noi comunque molto bene.

Acciughe croccanti farcite di prescinseua su pistacchio

Triglie, ortaggi e burro bianco al tartufo nero

Foie gras, timo al limone e fragole

Animelle, nocciola, liquirizia e fagiolini gancetti

Guancia di vitella piemontese, burro e acciughe salate

Pancetta di maiale romagnolo, sedano rapa e agrodolce di menta e caffè

Risotto bianco con ragù di daino alla Royal

Piccione di Greppi in casseruola al vino rosso e ortaggi

Ciliegie sciroppate, crumble di cannella, fior di latte e spezie




L'Arco Antico - Flavio Costa
Piazza di Lavagnola, 24

Savona

Tel: 019 820938


-gdf-

venerdì 27 maggio 2011

La risposta è già dentro di te, però è sbagliata.

- gdf 2011 -

Lo spunto me l’ha dato Dark Knife con la sua ultima recensione from London apparsa ieri su Passione Gourmet. The Dark non lo conosco, così come non so quale significato nasconda questo nick una volta tradotto dall’inglese, ma in ogni caso quest’uomo ha avuto il pregio di scoprire Bruno Loubet. E’ andato fino a Londra e ha scoperto Bruno Loubet, pur sapendo che quello buono ( si fa per dire ) si chiama Edouard, che nonostante sia tra i più insani chef creativi del pianeta è capace di colpi di cucina degni del suo maestro col cappello a falda larga. Lui non serve che venga citato nello specifico prenom, perché che io sappia, di Veyrat ne abbiamo uno solo. Era successo anche a Carlo Cappelletti con Simon Selosse, che invito a provare anche i vini di Richard Leroy. Ora non vorrei insistere sui miei ex associati di Passione Gourmet ma credo che Norbert si ricorderà di una sera a Puy en Velay che risolsi quasi a forza decidendo che andavano bene anche due o tre birre all’aperto sparlando delle nostre ex fidanzate piuttosto che farmi tirar dentro a mangiare salmone e asparagi da tale Francois Gagnaire, per altro mono stellato, ma giunto al punto nel momento sbagliato, tra una Pic e un Marcon. Tra un Serge e un Didier Dageneau spero la differenza sia chiara, ma io stesso sono cascato nella trappola di Jean e Sébastien Dauvissat, mentre su Thierry Mortet sono stato più attento. Leflaive ha compromesso una generazione di apprendisti borgognisti, tra Domaine e Negociant . Dugat invece no, qualche volta a sbagliarsi va bene lo stesso, Bernard o Claude, per una volta è andata bene, così come potrebbe essere tra le gonne delle signore Gros, e così pure nei garage dei Cotat. Si potrebbe proseguire con questo ritmo verso l’infinito, ma per tranciare prima di diventare noioso e prevedibile vi anticipo che più in la vi dirò di Alphonse Pacalet, astro nascente di Fixin ;-)


Gradite un Po di Bordo’ ? Seconda parte: il commento di Luca Canessa


La frase famosa della giornata: " secondo me nessuno di questi vini va agevolmente oltre i 90 punti su 100." Nessuno in disaccordo su questa coraggiosa affermazione, e allora siamo tutti irrimediabilmente scoppiati o c'è qualcosa che ci sfugge? Ma perché la stampa specializzata, d'ici e d'ailleurs , raramente, voir "mai", dice le cose come stanno? Sudditanza psicologica ? Fascino dell'etichetta ? Snobismo al contrario ? Bha!



Il benevolo commento della seconda parte lo affido a piene mani a Luca Canessa:

"La soffiata arriva da un “grosso” amico; si va da Flavio a tirare il collo a qualche Bordeaux vecchio, vieni con noi? Io mi faccio pregare e dopo un nano-secondo rispondo senza esitazione “certo, se mi devo sacrificare sempre presente”.

La spianata delle bottiglie mi fa quasi impressione perché oltre ai sopradetti nobili di Guascogna rossi si aggiungono due compagnucci mica da ridere: uno Champagne Belle Epoque ‘96 e uno Chateau d’Yquem 89, tanto per non rimanere con la sete ad inizio e fine pasto, foto di rito e ci si siede a tavola.

Lo champagne apre le danze, si presenta con un colore giallo carico quasi ambrato ed un bel perlage fitto e persistente, ma purtroppo il naso rileva una certa evoluzione, una frutta troppo matura e in bocca il risultato è lo stesso, il vino è ormai arrivato, ha ancora una discreta acidità che lo tiene in piedi, ma niente di più.

Non va meglio con il Pichon Baron ‘89 che a fronte di un tappo in pessime condizioni si presenta “tappato” anche alla prova del naso, peccato, ma le munizioni in nostro possesso sono ancora molte.

Chiediamo un piccolo fuori programma a Flavio per provare l’Yquem e così arriva una mini scaloppa di foie gras con coulis di fragole da urlo che sarà la sposa ideale per il nobile nettare che si presenta con un bel giallo carico, al naso una bella albicocca matura e un finale di arancia amara che ritroveremo in bocca, dove a fronte di una grassezza notevole e di una acidtà molto modesta, la piacevolezza della beva è data proprio da questo finale amarognolo agrumato.


Ora si passa ai due grandi di Pauillac, Chateau La Tour ‘90 di un bel colore rubino intenso con un’unghia appena, appena aranciata, il naso erbaceo, verde all’inizio, per poi virare su un più piacevole peperone verde, pepe e animale, la bocca ancora un po’ squilibrata con una acidità molto pronunciata e dei tannini ancora duri, secondo me un vino ancora in crescita con ampi spazi di miglioramento, ma che già oggi va giù che è una meraviglia.

Chateau Lafite ‘90 un colore impenetrabile, concentratissimo come da copione, un naso meno esplosivo, ma più pronto: un peperone più giallo, pepe e goudron, in bocca molto Parkerizzato setoso, morbido, grasso, marasca soprattutto, ma con pochi spazi per crescere, meno personalità e meno intrigante del fratello.

Il tour continua a Pomerol (e le mie note a essere sempre meno precise, causa alcol, cibo e chiacchiere) con lo Chateau Gazin ‘96 colore rosso rubino carico, naso subito bello con un frutto maturo, cioccolato spezie, ma dopo un po’ nel bicchiere rimarrà poco dimostrando che il vino è arrivato al limite massimo della sua evoluzione, stessa cosa in bocca vellutato, piacevole subito, ma poca cosa dopo un po’ di bicchiere.



V. Chateau Certan ‘96
: bel colore rubino intenso, naso piacevole di frutta matura, terra, pepe e soprattutto più persistente nel bicchiere rispetto al Gazin anche in bocca tannino vellutato, morbido discreta acidità, marasca forse prugna e una spanna sopra al cugino.

Le Graves sono rappresentate da Chateau Haut Brion ‘90, colore rosso rubino profondo, al naso tabacco affumicato, terra e tartufo, complesso e molto lungo in bocca morbido, piacevole ritroviamo il tabacco, la marasca ma anche il cioccolato cosa dire anche questa una gran cosa.

Il viaggio prosegue a Saint Emilion con il grande Cheval Blanc ’90, colore rosso rubino intenso, naso intrigante subito frutti di bosco, prugna secca, ma poi anche caffè, affumicato lungo e persistente; in bocca morbido, ma ancora acido con un tannino maturo, un bel frutto , ma anche cuoio e pepe, un grande vino.

Insomma una gran bella giornata con grandi bocce e una splendida compagnia e non so se i miei compari, molto più preparati di me saranno d’accordo, ma metterei sul podio per primo il Cheval Blanc e molto vicino il Latour e speriamo di poter replicare presto, con altri “mostri” in altri lidi."

Luca Canessa