mercoledì 29 giugno 2011

Il Club dei Cento

- del Guardiano del Faro -

Non ci pensavo più, avevo in mente di scriverci sopra qualche cosa ma probabilmente l'entusiasmo si esaurì nella preparazione di un vecchio post, nell’introduzione di questo articoletto di presentazione storica della Guida Michelin che mi valse addirittura il compiacimento di Monsieur le Directeur, il massimo che può offrire il web, e cioè una pacca sulla spalla. Ne volevo parlare, almeno nelle intenzioni, perché andando a rileggerlo scopro invece di averne completamente dimenticato qualsiasi riferimento: in altri lidi

Ma le cose tornano, gli incompiuti mi inseguono e mi affascinano, anche se riferiti a piccole cose come queste, piccole cose ma grandi emozioni. Mi alzo presto nel Relais dei Chapel, scendo a far due passi, nessuna porta è chiusa, si potrebbe fare tutto il tour dell’albergo e del ristorante in solitario, respirando un atmosfera da pelle d’oca. La porta della cucina è addirittura spalancata, così come qualche finestra; c’è molto caldo anche se è mattino presto, hanno voluto comprensibilmente lasciare circolare liberamente l’aria durante la notte. La tentazione è tanta, si, me ne vado a fare un giro al buio attorno alla stufa del mito senza nessuno, io e Chapel. Mi guardo intorno, tra oggetti e attrezzature vecchie e nuove. L’istinto è di fermarmi al pass, mi manca il pass. Quel piano d’acciaio dove osservare lo chef che “finisce” il piatto, con le lampade che scendono a tenere alla giusta temperatura il contenuto e il contenitore. C’è tensione, poi l’ordine : via! il piatto é pronto, il cliente attende, andiamo al tavolo, tutti insieme, con o senza cloche. Mi riprendo dal momento di trans e ritorno verso l’esterno, fuori dalla cucina, ma mi devo bloccare di fronte a questo documento. Eccoli qua, quella simpatica banda di massoni , goliardici mangioni di sue secoli fa che non potevano certo aver mancato di conferire la loro glorificazione a “Monsieur Chapel”.

Nella fretta di scattare la foto non ho prestato attenzione se questo documento è l’originale o una riproduzione, non si vede la data di emissione, forse non usavano metterla, e non è chiaro neppure se l’attestazione fosse stata intestata a quale Chapel. Io credo a Roger Chapel, il padre di Alain, che morì giusto due anni dopo che Alain arrivò ai fornelli del ristorante che si chiamava “ Chez la Mere Charles” , ed in seguito trasformato nel Restaurant Alain Chapel. Dunque Alain rientrò nel 1967, il papà Roger aveva già acquisito la prima stella e sarebbe morto due anni dopo, mentre al figlio veniva assegnata la seconda. Ma non è questo il tema, il tema principale che avevo in mente di sviluppare è quello relativo al Club des Cent, il Club "segreto" ed esclusivo presieduto ufficialmente a partire dal 1912 da Louis Forest, Club che condizionò e influenzò le future assegnazioni delle stelle Michelin. Questa bella compagnia di ricchi mangioni e un po’ massoni si potevano vantare di avere in portafoglio la lista completa degli alberghi dove si potevano mangiare delle buone cose alla francese in un piatto pulito e su una tovaglia bianca. Non è che pretendessero molto in fondo, le stesse cose che pretendeva la Michelin, che dagli esordi chiarì subito che gli alberghi in difetto su quei parametri sarebbero stati “radiati” dalla Guida. Louis Forest faceva il giornalista e dalle colonne del “Matin” spiegò la filosofia del Club mantenendone tuttavia i caratteri di riservatezza.

Il Club esisteva già in precedenza, evidentemente, ma si sa che la riunione che ne definì quello che possiamo forse chiamare statuto fu approvato insieme alla nomina del Presidente il 4 Febbraio 1912 presso l’Hotel de la Biche di Evreux, a sud di Rouen ma non troppo distante da Parigi. Si sa anche del menù, che comprendeva preparazione classiche a base di : sogliola, poularde, daino, foie gras ecc . I vini ( in caraffa ) provenivano da Chablis e dal Medoc. Tra le “missioni” meglio identificative e tuttora attuali come concetto mi piace citare questa : La nostra missione è difendere il gusto della nostra grande cucina nazionale minacciata dalla chimica proveniente da paesi dove non si sa neanche far bollire un pollo” . Perché poi Club dei Cento? L’ironia non mancava, lo stesso Presidente rispondeva: “Club des cent kilo!” E così , mandando in vacca i discorsi distraeva l’attenzione su chi fossero i mitici cento soci in possesso del verbo culinario francese conservatore. Anche perché all’inizio non erano affatto cento ma una quarantina. Altri giornalisti ( le cose sono dunque cambiate poco…) albergatori, stilisti, industriali, politici, diplomatici e ricchi sfaccendati un po’ dandy. Il cerchio si allarga velocemente (ma non a più di 100 associati), amici e parenti, però una solo donna e anche qualche infiltrato dal mondo dell’alta ristorazione; un paio di questi conseguirono anche le famose trois etoiles . I centisti automobilisti viaggiano molto, vanno a mangiare, pagano il conto , se ne vanno e si segnano mille informazioni che alla fine di ogni anno vengono inserite in un carnet segreto. Guai a prestarlo o farlo vedere in giro, pena la radiazione! Molto anonimi però non possono certo rimanere, perché se é vero che di automobili ne circolavano ben poche, é ancor più vero che se all’automobile gli attacchi anche il fregio metallico del Club des Cent qualcuno del Ristorante visitato noterà la particolarità del cliente. Nel 1920 entra nel Club un certo André Michelin. I legami stretti tra la Guida Rossa e il Club des Cent portano all’incrocio di gentilezze, quali la stampa delle carte stradali Michelin sui misteriosi Carnet d’adresses dei Cento ed edizioni della Guida Rossa “griffata” per il Club. E’ chiaro che nel momento in cui André Michelin decise di iniziare ad assegnare le stelle delle buona tavola, nel 1926, si trovò per le mani una miniera di informazioni unica. Alla sua morte un altro Michelin entrò nel Club, Pierre, che fu anche l’ultimo, almeno ufficialmente. Dopo la sua scomparsa il sodalizio e una tradizione ormai solidamente costruita sparì. Dentro al Club però le grandi personalità non mancarono mai, provenienti da ogni settore culturale ed economico, da Pierre Cardin a Remy Krug per buttar giù due nomi notissimi, ma anche se ufficialmente i due mondi sono separati è difficile credere che qualche uomo del Club non abbia ancora un peso determinante nell’assegnazione di un tre stelle. -gdf-

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