sabato 7 gennaio 2012

Brus e Vermentino




- gdf 2012 -

Usando  un eufemismo potrei affermare di avere più di qualche remora nel concedergli di mettermi le mani addosso, fosse pure nel senso buono del termine, proprio perché mi ritengo una persona delicata mi viene più di qualche dubbio al solo osservarla mentre taglia un limone, scheggia un pezzo di parmigiano, colma un tumbler di ghiaccio prima di versarci il tris alcolico che compone il negroni e soprattutto rabbrividisco vedendo come maneggia quel salame e brutalmente lo affetta prima di servirmelo su un rustico tagliere di legno a fianco di un calice – questo finalmente raffinato – di un Vermentino  da “tre bicchieri”.

Al fine di attenuare il carico espressivo di quello che vorrei esprimere direi che i freni inibitori sono tutti ben tirati come scendessi da una discesa molto pericolosa, anche dopo un paio di drink rilassanti; ma nonostante tutto questo mi ci sono affezionato – con circospezione – a questo bar di periferia, dove l’età media è ben più elevata di quella definita dal recente aggiornamento sul biglietto d’ingresso al club del pensionamento coatto. Dove l’odore di “brus” che si diffonde nell’aria sarebbe già da solo in grado di farti rimbalzare nuovamente sul marciapiede che hai appena lasciato.

Dove il mix di dialetti sillabati da chi lo popola è molto lontano dal ligustico provenzale; dove se invece di un bicchiere di vino preferisci una birra ti devi voltare e andarti a prendere personalmente la bottiglietta di Tennent’s o la lattina di Guinness nel frigorifero attaccato alla parete. A quel punto la ex bella in mini shirt di jeans, stivali neri –anche in estate – e maglietta attillata a sproposito ti chiederà sbrigativamente “ vuoi anche il bicchiere? “ .

Si, voglio anche il bicchiere, e mi metto anche bello comodo su questo trespolo che in un bel pomeriggio d’autunno con il morale prossimo all’avvilimento mi consentì di voltare  pagina voltando la testa verso la parte opposta e  risolvere un piccolo grande mistero. Chi ha scattato la foto originale del “mio” faro di Ar-Men? Senza questa risposta molte cose sarebbero cambiate, se non mi fossi voltato da quello sgabello osservando i tre anziani che giocavano a carte con il sigaro spento e il bicchiere di Bonarda frizzante appoggiato all’angolo del tavolo verde avrei perso ben più di una settimana a risolvere il quesito.

Dove internet per una volta non mi voleva dare risposte certe ci hanno pensato sei poster parzialmente sommersi dai dispenser di Chupa Chups,  Mon Cherie e chewing gum Perfetti a far emergere la verità.  In mezzo a quel caos apparente tutto fu chiaro, come il cielo di quel giorno dell’estate 2003 quando Jean Guichard era in volo sopra alle coste bretoni nei pressi dell’isola di Sein e colse l’attimo per scattare, scattare, scattare. Scattare decine di foto bellissime compresa questa. Jean Guichard non sapeva che stava lavorando anche per me.  Merci Monsieur Guichard. - gdf 2012 -

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