giovedì 19 gennaio 2012

La prima alla Scala


- del Guardiano del Faro -

Questo piatto l'ho già visto. Ma dove l'ho già visto? E quando. Quanto tempo sarà passato? Mi sorprendo troppo spesso nell'associare nostalgicamente emozioni vecchie ad altre nuove, ma stavolta non serve correre molto all'indietro per ritrovare la tesserina giusta da inserire nel mosaico. Pur se parzialmente stordito da una vertiginosa verticale di Martini cocktail sui Navigli e  riconfermato nello stato mentale da un'altrettanto stordita che mi passa piacevolmente sui piedi al ricevimento di un albergo del centro riesco comunque a completare il parallelismo, che però si limitirà al solo piatto segnaposto. Camera 514 mi viene suggerito, informazione che mi farà dimenticare il numero della mia, ma poco importa, ci sarà tempo per pensare al seguito. Intanto c'è da cercare il secondo piatto uguale. Prima rovistando nei cassetti della memoria e poi ritrovando addirittura la scheda immagini di una noiosa serata Catalana. Ed eccolo finalmente uscire fuori l'altro piatto uguale, è qui:

Eccolo il piatto segnaposto del Sant Pau di Carme Ruscalleda, ricordo di una serata moscia e sdolcinata, profondamente connotata dal formalismo e dal senso estetico. Più o meno quello che secondo il gusto degli altri avrei potuto trovare anche al Trussardi alla Scala. Questo, che insieme alle frequentazioni sempre meno frequenti della capitale milanese da quando mi sono trasferito una decina d'anni fa sul faro bretone mi aveva tolto la volontà di salire al primo piano invece di fermarmi al piano basso a sorseggiare l'ennesimo Martini in mezzo a  eccellente materia prima di ogni provenienza. Secondo il gusto degli altri qui mancherebbe quel qualcosa che avrebbe fatto la differenza, commenti dolci e soavi, quando invece sarebbe bastata una spruzzata di acidità agrumata a farmi ritrovare lo swing. Ma cercare di vedere le cose attraverso lo sguardo di un altro non è cosa molto intelligente, e allora eccomi qui.
Ma dove sono le foto dei piatti? Le foto dei piatti  non le pubblico perché non sono di mia soddisfazione e quindi non vedo perché doverle mettere ugualmente, tanto per far numero?


Solo questa, che evidenzia  bellezza ed estetica, tecnica, senso del gusto e della misura. Dalla carta è stato divertente pizzicare un coraggioso scampo alla piastra con ironica e grassa salsa rosa, riuscito contrasto amaro costruito con radice di scorzonera al tabacco e crunch laterale. Il classico "riso" alla milanese con medaglione di osso buco, dove il risotto è perfetto per consistenza, profumo, concentrazione e contrasti tra zafferano e sentori agrumati. Migliorabile la parte carnea, che se fosse stata meno magra avrebbe dato maggior importanza al tutto. Ancor meglio la raffinata preparazione dell'anatra Nantaise, dove il petto è stato cotto rosa, ricoperto di sale grosso e gentilmente passato nel cestello per la cottura al vapore. Cipollotto e taccole alla piastra per uno studiato stacco vegetale e divertente wafer farcito delle sue cosce confit. Piatto connotato da potente contenuto salino, ma a mio avviso non fastidioso. Piccola pasticceria di assoluta eccellenza mentre potrebbe sorprendere che la parte della serata dedicata all'aperitivo sia stata risolta con i colorati e croccanti snack di riso, per altro molto buoni, ma non sorretti da quello che altrove è consuetudine, e cioè un qualche pre antipasto che faccia da tramite tra la lettura del menù e l'arrivo della prima portata. Confortante invece la gentilezza e la competenza del servizio, anche se la tendenza a servire i vini più freschi della media può sorprendere. Eccellente il V.P di Egly Ouriet con sboccatura 2007, azzeccato l'abbinamento tra risotto e Barbaresco Roagna 1999 e ancor più goloso quello tra anatra Nantaise e il Vosne Romanée di Gros Freres e Soeur 2006. Ancora del Porto Colheita 1995 per una chiacchiera sul presente compiuto e i programmi futuri. Ancora un inevitabile Gin Tonic, finito di bere in cucina, seduto sopra alla fedele De Manincor insieme allo chef e alla diligente brigata. 
Grazie chef, ottima serata al Trussardi alla Scala, per un attimo ho sognato che fuori ci fosse la Madeleine o l'Operà Garnier. Lo stile, la classe, l'ambiente e la sontuosa carta dei vini con ricarichi parigini mi avevano illuso. Quasi tutti i nomi dei produttori presenti nella sequenza dei Vini Francesi del Guardiano del Faro qui li troverete, quindi quale luogo migliore dove rifugiarsi in una freddissima notte milanese?
Forse la camera 514 ? Forse.

Trussardi alla Scala
Andrea Berton
Piazza della Scala
Milano


- gdf -

4 commenti:

  1. il miglior risotto di Milano
    R.

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  2. Ottimo questo risotto, ma devo dire che anche quello mangiato in seguito in una "trattoria " nel biellese non è secondo a nessuno ;-))

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  3. http://www.youtube.com/watch?v=kDtnoyGcfHE

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