lunedì 16 aprile 2012

Il terzo descrittivo


- gdf 2012 -




Come si dice? Se un sedicente esperto di vini, aspirante sommelier, corsista ais, corista web  o appassionato self made va oltre il terzo descrittivo quando vi “decanta” un vino - come si dice? -   ve lo sta menando. Ecco, quindi oggi ho deciso di farlo anch’io mentre mi bevo da solo questa bottiglia che mi ero dimenticato in fondo ad una cassetta che credevo vuota.


Che il paglierino sia abbastanza pronunciato mi sembra chiaro. L’intensità è evidente, non serve il Photoshop per migliorare la foto. Alla prima botta sotto il naso i descrittivi sono già più di tre. Allora hanno ragione quelli che spesso ce lo menano sapendo di menarlo? In questo caso direi di si. Perché se parti dalla camomilla, passi dal cedro, rincorri un bergamotto ma ti ritrovi sotto il naso una foglia di porro verde valeva la pena di crederci fino in fondo al quarto descrittivo. Me se ne volete ancora ci sarebbe anche della susina acerba, del mentolato, della pesca bianca a mezza maturazione, del mango d’importazione e di maturazione incompleta marinato con la steccona di vaniglia bourbon. E questo retro gusto di salvia che  non ti stanca mai? E la profondità abissale della mineralità succhiata dalla piante in quel terreno? E la persistenza? Noiosa tanto insistente. La biodinamica al potere. Quella non di moda, quella per sempre. A 400 euro a bottiglia però. I contadini è giusto retribuirli non solo per coerenza al loro lavoro, ma anche alla luce dei risultati conseguiti. Biodinamica spietata e meritocrazia mai usurpata. Tutto qui dentro.  Fai così caro il mio contadino ambizioso bio, comincia oggi per il prossimo secolo, e magari ce la farai.



A questo punto qualcuno mi rimprovererà di aver completamente disperso tutti gli insegnamenti di Madame.
Chiedo di nuovo scusa a Notre Dame, spero di poter rimediare inchinandomi e consegnandole il mio umile volume, a breve e con dedica. Brividi. Come rimettere sotto il naso il secondo bicchiere di questa roba, marcata dall'annata con il timbro.

Si lo so, si tratta solo del profumo dell’uva, del suo terroir - particolarmente difficoltoso questo in particolare- della buccia, della sua macerazione, dell’oidio, del savoir faire millenario. E tutto ciò per ottenere cosa?  Oui! c’est du bon vin! Solo per fare del buon vino. Da picchiare i pugni sul tavolo da quanto è buono.

Quindi dove sta il problema? Da nessuna parte se non avessi deciso di condividerne un bicchiere con una bar woman sotto casa, la Gianna, che però mi ha liquidato con un :
questo vino non mi piace, sa di legno e di cerini bruciati, di fumo uscito dal camino, sa di vecchio e anche un po' di banane troppo mature. Vado avanti?
No, sei già a tre descrittivi abbondanti.
Vuoi provare il mio gin tonic?
In che senso?


Tu mettiti lì che arrivo. Tanqueray va bene?
Ecco. Si, ci fosse il Ten.
Ce l'ho, adesso mettiti li tranquillo che ci penso io a farti bere bene.




Adoro le ragazze stupide, perché dicono tante verità, anche a loro insaputa.



2 commenti:

  1. meursaultista lascia i puligny a me amante delle bellezze skinny.
    Ogni vino è dannanatamente caratterizzato dal timbro della propria annata non credi?

    Cmq leggendo i solti, noiosi descrittori mi hai convinto a lasciare i 2004 al cinesino, magari saranno evoluti.

    F

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