sabato 30 giugno 2012

Valle Reale, un Trebbiano d'Abruzzo da veri Armadilli


- del Guardiano del Faro -

Capita abbastanza spesso di ricevere campioni di vinelli al faro; capita raramente che arrivi roba buona come questa, che ti sorprende già dalla sobria, chiara e convinta etichettatura. Non ho neanche aspettato di stappare la seconda bottiglia - quella in primo piano sfocato - perché questa Vigna di Capestrano mi ha già sufficientemente emozionato, così come quando mi è successo di conoscere il produttore, che però si guardò bene dal parlarmi del suo vino. Mi ha ascoltato, mi ha letto, mi ha guardato e poi mi ha mandato il suo vino senza altro aggiungere. E aveva ragione, perché è il vino che deve parlare. Leonardo Pizzolo io l'ho visto due volte in questa vita, ma forse sarà il caso che approfondisca, perché sarebbe un vero peccato lasciare le cose a metà. Le note, alla mia maniera - ma sempre più asciutte col passar degli anni - non mi vergogno di metterle in chiaro,  senza rete, scritte al volo in tre minuti sul bordo della tovaglia, poco fa. In 45 minuti la bottiglia è finita, da solo.




Qui sotto invece qualche nota presa dal sito del produttore:


Dopo la raccolta manuale, le uve vengono sottoposte ad una pigiadiraspatura molto soffice. Il mosto rimane a contatto con le bucce per qualche giorno per favorire la partenza della fermentazione spontanea da parte dei lieviti naturalmente presenti. Per tutta la fase macerativa e quella fermentativa, la temperatura viene monitorata ma non indotta per facilitare la naturale espressione dei lieviti indigeni. Dopo la fase fermentativa, il vino rimane in acciaio ad affinare sui lieviti, per un anno. Il vino presenta un colore paglierino molto carico, con una evidente velatura che ne denota la non filtrazione. Al naso la mineralità, unita a sentori di frutta tropicale e agrumi è dominante. All’assaggio, la spiccata acidità esalta le note minerali, rendendolo piacevolmente bevibile. La finezza e l’eleganza completano la particolarità e l’unicità delle sue espressioni aromatiche. All’ottima bevibilità si aggiunge la conservabilità nel tempo, durante la quale si avrà un miglioramento di tutte le sue espressioni gustative.

gdf

venerdì 29 giugno 2012

Il Faro con il videocitofono

- gdf 2012 -

Si è guastato il citofono del faro. A forza di dirlo è accaduto. Vedi la potenza della mente? L’unico negli ultimi 50 anni nel raggio di centinaia di chilometri. Da due mesi che non funziona più. E io ne ero felice non dovendo neanche più rispondere al citofono. La posta fuori dalla porta. Gli inattesi e indesiderati fuori causa e fuori casa. I testimoni de Geova e i venditori di vino con lo stallatico addosso definitivamente fuori gioco. Unica possibilità di comunicazione gli sms, le mail o i lampi di luce dal largo.

Ma la tecnologia avanza -con buona calma ma è arrivata anche al faro –  e il proprietario del faro ha deciso: modernizziamo l’impianto e montiamo il videocitofono. Non potrò più far finta di niente guardando da sopra e decidendo se aprire o no: a te si e a te no. A chi vorrà introdursi per i più perfidi motivi basterà modificare la voce e mettermi davanti alla video camera la foto di un volto amico e il gioco è fatto, quasi come un cavallo di Troja.

Oltre ad aumentarmi l’affitto mi ha imposto anche l’uso di questo attrezzo il proprietario. Dopo questa seconda provocazione potrei anche andarmene. Gianchetto suggerisce: quando arriva una nave spegni la lampadina e dopo che tre incrociatori saranno finiti sugli scogli vedrai che ti richiamano a spolverare le lampadine, ti spengono il videocitofono e riportano le condizioni economiche allo stato precedente. Ma non sono così certo che bastino due o tre incrociatori, Giglio docet. Qui si vuole far soldi alle mie spalle e alle spalle di qualche società di assicurazione.

Ah! In progetto c’era anche l’installazione di una serie di ripetitori telefonici delle diverse compagnie. Tutto per far soldi, tutto per “ottimizzare” lo spazio e la posizione privilegiata, posizione che - ho saputo per vie traverse - interesserebbe anche a Radio Maria.



Probabilmente la prossima mossa sarà quella di mandarmi un operaio Telecom con la scusa di verificare l’ADSL e che invece potrebbe installare di nascosto un sistema elettronico automatico sostitutivo al sistema manuale, quello che uso per i messaggi da lanciare ai naviganti. Le potenti major discografiche e i grandi gruppi del food and wine avrebbero la meglio, e sarebbero in grado di pagare del buon denaro per una pessima comunicazione, sfruttando l’affidabilità del faro.

Mentre dormo questo sistema potrebbe azionarsi in automatico e scaricare una tempesta mediatica dai toni chiari: comprate questo vino di Zonin per il vostro pasto quotidiano; ristoratore, metti in carta una verticale di Gaja se vuoi una stella Michelin; il Cervaro è meglio di un Puligny, boicottiamo i francesi; andate a mangiare da Mc Donald che la carne è come quella di Martini di Boves;  Spizzico è migliorato, usano la mozzarella a bocconcini di Gioia del Colle e i pomodorini del Piennolo; Ikea non solo per la scrivania, ma anche per il miglior salmone selvaggio, in omaggio una raccolta degli Abba; gli Emerson Lake & Palmer hanno riedito il loro miglior greatest hits in formato multi mediale, non ne puoi fare a meno

Sono preoccupato. Se volete salvare il faro così come lo conoscete mandate un sms con scritto: 
sos gdf 2 euro

 grazie






giovedì 28 giugno 2012

Quel Fenocchio di gelataio



- gdf 2012 -

Ogni tanto mi diverte aprire alla cieca quel librone di Alain Ducasse ( J’Aime Monaco ) dove il Nostro si è preso il tempo di selezionare 170 indirizzi inclusi tra la Riviera di Ponente e la Costa Azzurra. Dentro ci ha messo un po’ di tutto, alberghi, ristoranti, pescherie, bar a vin, macellai, produttori di vino, artigiani di vario talento, affinatori di formaggi e anche qualche gelateria.

E con 32 gradi, l’altro giorno a Nizza, mi è sembrato il momento buono per andare da Fenocchio, nella parte più antica della città, tra mille alternative di dubbia ristorazione. Fenocchio spicca e subito mi inquieta: 96 gusti di gelato? Caro Alain, ma come ti viene di indicarmi un indirizzo così improbabile? Calma, procediamo con ordine. Provare prima di commentare.

In realtà i “profumi” dei gelati sono circa 60, gli altri sono sorbetti. Ma non basta, perché altre specialità che da noi si chiamerebbero “torte gelato” completano il vasto panorama. Un’occhiata ai gelati, dove non manca nessun frutto secco all’appello, molti sono floreali che forse solo i francesi farebbero diventare un gelato: verbena, violetta, rosa, fiore d’arancio, lavanda e gelsomino… Poi i classici, tutti quelli che possiamo immaginare ci debbano essere, a base di creme, cioccolato ecc. Qualche curiosità come il caramello al burro salato, il pan di spezie, il pepe rosa o lo zenzero. Si, buon pistacchio, buon fior di latte all’amarena, fasulla la verbena.

Versante sorbetti mi sembra più interessante il discorso, dove tutti i frutti, esotici o anche no, sono all’altezza dello standard cercato in rapporto ai numeri ( ottimo frutto della passione ), e dove le erbe aromatiche non sono trascurate ( timo o rosmarino per esempio), e dove anche la birra è diventata una cosa da leccare. Mi rimarrà il dubbio sul rabarbaro,  sul pomodoro e basilico, e quasi quasi pure sul sapore che avrà il cactus.


Ma il caos di questa piazzetta è delirante, il caldo opprimente, e i prezzi presto dissuasivi ( 50% in più di Grom), ma resta una seconda chance per capire fino a che punto ci sia del vero artigianato in questi gelati e dove inizi la piccola industria, perché scopro che la fabbricazione non si fa sul posto ma bensì in collina, nell’entro terra provenzale, a La Gaude, non distante da Cagnes sur Mer e da Vence.

Lassù, leggo che l’azienda è visitabile, e che la boutique è a disposizione per assaggi in un clima più fresco a tranquillo, magari in un bel giardino, dove poterne provare almeno una ventina, come fosse un menù degustazione tematico. Nell’attesa  mi tengo Grom, quattro sorbetti, dieci gelati, le granite siciliane e il gusto speciale del mese: latte e  mènta, boja fauss.

- gdf 2012 -



mercoledì 27 giugno 2012

The Party | Sold Out!


Stop alle telefonate! The Party, L'Armadillo meeting in programma domenica primo luglio a partire dalle ore 12.00 ( la conclusione non è dato saperla) ha raggiunto un numero di prenotati che non consente di andare oltre, sia per la qualità che la quantità delle presenze. Notevole anche la presenza femminile stavolta, ci tengono d'occhio, l'armadillo tira, cerchiamo di essere in forma con gli addominali. Ci si vede quindi domenica a San Bartolomeo al Mare, a bordo piscina del Residence Meridiana, sede del ristorante La Femme-La Meridiana di Roberto Rollino. Invito i partecipanti a non lesinare sul numero di bottiglie di vino che vorranno mettere sul tavolo ( ma anche qualche birra particolare sarebbe gradita viste la temperature di questi giorni) e di essere nel limite del possibile puntuali, non tanto per affrontare i temi di cucina, quanto perché mezzora di ritardo di solito vuol dire perdersi almeno una decina di vini che saranno immediatamente stappati e bevuti con la sete dei giusti. Il programma è fitto, perché oltre ai soliti alcolisti interverranno produttori di vino e di altri prodotti di nicchia, che ci faranno conoscere le loro belle realtà. Ci saranno musicisti, ci saranno almeno un paio di chef da urlo che potrebbero anche improvvisare un paio di piatti in free jazz, e poi l'attraversamento della piscina Levinson style, il quizzone con i vini alla cieca, qualche premio, bottiglie, libri e chissà cos'altro per tirare avanti fino al tramonto. E che il Tanqueray sempre sia lodato.



A bientot les amis! - gdf  Levinson 2012-

martedì 26 giugno 2012

L'uomo in blu


- del Guardiano del Faro -

Come si crea un personaggio? Per creare un personaggio nuovo bisogna partire da zero. Ovviamente si, certo che si! Penserà qualcuno, e se no come diversamente? Ma non è così semplice creare un personaggio quando questo esiste già, e le sue derive e i suoi profili naturali emergeranno saltuariamente in mezzo ai flutti dei discorsi, come piccoli scogli in un mare agitato.

Quindi azzerare carattere e fisionomia non è così semplice, neanche sul web, dove con un nick name, un avatar e uno stile di scrittura diversa, argomentazioni diverse e approccio ai dialoghi diversi si può già ottenere un buon risultato. Un po’ come fanno gli scrittori di romanzi, che non possono certo interpellare venti persone diverse, o osservare venti persone diverse ore ed ore per delineare prima i contorni e poi l’interiorità di ogni personaggio. Un lavoraccio. Più pratico “clonarsi” in casa in venti persone diverse e volendo, riversarle sul web, come si fa su molti blog o forum per attirare altri personaggi “veri” da coinvolgere proficuamente nelle discussioni. Quelle che io chiamo “sfaccettature di personalità”

E fin qui, fin che si resta in digitale ce la possiamo fare abbastanza agevolmente. La galleria ne è ormai piena, anzi, il gioco psicologico da portare avanti ora sarebbe il contrario, e  cioè cercare di smascherare i doppioni. La maniera di scrivere, il senso dell’opposizione o di approvazione ai soliti argomenti sono già un segnale. Da quel punto, basta una piccola o grande provocazione, magari costruita ad arte da un altro doppione e il doppio gioco sarà  presto svelato.

Ma farlo fisicamente, rinascere, inventarsi di nuovo a metà della vita è molto più complicato; per tentare di farlo l’asticella bisogna alzarla tutti i giorni, e anche di parecchio. Per mettere in atto questo gioco affascinante bisogna - tanto per cominciare - cambiare città, ma non scegliendo una grande città, dove il nichilismo consentirebbe di rimanere solo anonimi più che nuovi e misteriosi. Bisogna calarsi in una città di dimensioni medio piccole, poco turistica e dove il provincialismo è nel tessuto sociale prima ancora che nella testa dei suoi abitanti.



Ma chi sarà mai quell’uomo in blu? Doccia, accappatoio, verifica addominali, taglio di capelli corto e regolare, gel morbido, basetta corta, barba azzerata, camicia con riga rossa, cravatta blu, completo blu, cintura blu, scarpa blu, calzino blu, orologio con cinturino blu, col quadrante blu,  occhiali trendy, coupé blu.

Ma nevica, quindi meglio a piedi, con cappotto blu. Portici, chilometri di portici, a est, a ovest, a nord, a sud; e ritorno, incrociando centinaia di persone da fissare tranquillamente negli occhi senza timore. Ma chi è quell’uomo in blu che fino al giorno prima non c’era? Boxer a righe blu dalla commessa curiosa, poi un Martini, due Martini da un barman curioso. Poche parole, il gusto del mistero, la nascita del personaggio, un sorriso accennato invece di una risposta; un altro bar, la richiesta di un vino strano ed un commento forbito, la curiosità di chi inizia ad avvicinarsi, uomini e donne.

Ma che farà mai quell’uomo in blu? Il locale notturno vissuto dallo sgabello del bar, senza dar confidenza a nessuno, anzi no, a lei si, a lei che è nichilista si, perché anche a lei interessa per motivi suoi avvicinarsi all’uomo in blu. Comincia ad essere trendy farsi vedere con l’uomo in blu, ma anche quell’altra accorcia le distanze, ma vuole sapere troppo: l’uomo in blu sorride e se ne va. La prima invece regge il gioco, alza la posta, ma non fa questioni, si accontenta di rivedere l’uomo in blu senza cercarlo.

Sembra tutto casuale ma  è tutto voluto, e il gioco si fa tosto. L’uomo in blu e una donna ambigua quanto riservata: si, è la spalla perfetta. Il barman prova ad aprire il dialogo approfittando del terzo Negroni dell’uomo in blu, e qualche cosa ottiene, qualche messaggio se lo lascia sfuggire, emerge uno scoglio del personaggio precedente. Bisogna cambiare bar, cambiare zona, ma anche da quell’altro i clienti sono sempre gli stessi ormai, i ristoranti li ha girati tutti, i vicini di casa stanno prendendogli le misure, fino ad arrivare a qualche verità precedente, anche la spalla femminile scricchiola , comincia a pretendere qualche cosa in più.

E allora lui fa un ultimo giro in completo blu, si riguarda tutto il film che si è inventato a velocità tripla, guarda tutti senza salutare nessuno, ma dentro di se lo sta facendo, sta tirando le somme del suo fallimento,  la rivincita sul provincialismo, sfida tentata ma persa. Prende atto, va a dormire, il mattino dopo si alza molto presto e molto sudato, una doccia non basta, la valigia è già pronta, la stazione è a due passi, e un momento dopo l’uomo in blu non c’è più!

- gdf -

lunedì 25 giugno 2012

Riso e rane


- gdf 2012 -


La provincia di Vercelli, è il suo momento: riso e rane. Le buone tavole non mancano: Il Bivio ( Famiglia Sarzano) di Quinto Vercellese, Il Cinzia ( Fratelli Costardi ) a Vercelli, L'Osteria Cascina dei Fiori ( Fratelli Milan) a Borgovercelli. E chiudiamo il poker con questo Balìn, a Livorno Ferraris, locale di trentennale tradizione. Insomma, le provincie limitrofe stanno a guardare mentre le  rane e i risotti attraggono da sempre i turisti domenicali lungo i margini delle risaie...







Baccalà, pomodoro, gelato di patate...

Il gran fritto di rane e julienne di verdure

Risotto al pomodoro e basilico

Risotto con porcini

Gelato

Dessert piemontesi

Hendrick's

domenica 24 giugno 2012

Una minestra di zucca



-gdf 2012 -

Dolce, salata, calda, morbida, cremosa, noiosa, come quella là. Sempre carente, mancante di qualche cosa. Incompiuta.  Ma in grado di sopportare un senso diverso ogni volta: con una speziatura, con una nota piccante, con una consistenza più tosta, non so, un crostino agliato,  con qualche cosa che la renda quello che non sembra. Ma allora non sarebbe più una vera minestra di zucca: il gusto dell’incompiuto, il piacere nel lasciare spazio all’immaginazione, da lasciarne svogliatamente un po’ nel piatto; il gusto cinico di arrivare vicino al centro del bersaglio e mancarlo volutamente. Un quadro senza cornice. Un film senza finale. Un romanzo senza epilogo. Un menù senza dessert. Un grande vino bevuto nel bicchiere dell’acqua. Le Church's senza calze.


Il sadico e sapido sapore del platonico, quando lei avrebbe volentieri concluso fisicamente. Un estenuante petting psicologico. Una minestra di zucca. Sapere di potercela fare ma non volerlo fare. Il sottile piacere - con il labbro ammiccante e la coda dell'occhio allertata - di lasciare vincere chi continua a starti sempre appresso con nessuna idea se non le tue, rese caricaturali. Fingere di stupirsi quando il tuo posto l’ha preso un altro perché pensava di essere un pochino più furbo di te.

Davanti al portiere la sbagliavo sempre, e allora, piuttosto di tirargliela addosso preferisco fare come un Balotelli che stasera  solo davanti al portiere  la butterà  a lato per non lasciare al portiere la soddisfazione di poter dire di aver preso gol da Balotelli.


sabato 23 giugno 2012

35° | Sincronìzzati



 - gdf 2012 -

Sincronìzzati: ma vai veloce, perché il fondo del caffè nella tazzina ti può predire il futuro già dalla mattina. Il messaggio non è criptato, in faccia ti è arrivato. Se la luce del faro gira più veloce, sincronìzzati. Perché il pinot bianco di Giorgio Grai ti può spostare a est la Borgogna. Perché Marchesi ti può anche far mangiare un Pollock, ma non un pollo. Perché un Campari shakerato non è più ubriacante di uno spritz fatto male. Perché Girofle vuol dire garofano anche in salentino, sincronìzzati. Perché è vero che la bottarga buona è di Cabras, ma si fa con il muggine. Perché se l'aceto è veramente di-vino,  ti fa digerire anche il peperone e il cipollotto crudo. Perché il vero veganismo non esclude il crudismo, ma purtroppo neanche il falso balsamico. Perché la frugalità sarà anche verità ma chi ce la fa? Perché mezza porzione non fa ingrassare, ma non può essere anche abbondante. Perché non è bello essere il più ricco del cimitero. Perché avevi capito male, non ti han dato del co@lione, non ti offendere, non chiamare The Police; con questo caldo a 35° ti hanno dato semplicemente del condiglione, e "ti" hanno fatto bene, se ti è arrivato integro il message in a bottle. Un ultima dritta: se sei al servizio tira forte, e possibilmente sulle righe
Click, prendi il ritmo e picchia duro.









... meglio con, ma anche senza bottarga di muggine Oro di Cabras, che me la mangio da sola a tranci.  Il condiglione: pomodoro cuore di bue, cetriolo, cipolla, cipollotto, aglio nuovo intero, olive taggiasche, sedano, peperone giallo e rosso, basilico... fleur de sel, olio d'oliva, aceto di vino e via così, tutto a crudo, tutto tagliato a piccoli cubetti- si dice concassè- e poi un'ora in frigo. Pane croccante strapazzato con una testa d'aglio, meglio se prima grigliato, oppure bagnato sulla mollica, dipende da come sei sincronizzato. Se non ci hai messo troppo peperone ci puoi bere sopra un grande bianco come questo, ma se ci hai messo parecchia bottarga allora il Girofle ha il suo perché.


( !!! )


- gdf  Girofle 2010 -

venerdì 22 giugno 2012

Agonia di un Maitre


- del Guardiano del Faro -

Sta fermo sulla porta di uno degli ingressi di un cinema multi-sala a staccare i biglietti d’ingresso al pubblico pagante. Sorride a denti stretti, cortesemente, gentilmente, nascondendo il malcelato sconforto. Sono entrati tutti, il loro spettacolo sta per cominciare, può tornare per un ora e mezza alla biglietteria a dire banalità con le ragazze impegnate a vendere altri biglietti che lui più tardi dovrà spezzare in due, come la sua carriera.

Ha il tempo per uscire sul marciapiede e fumarsi una sigaretta con il collega, esattamente come gli chiedeva di fare il suo chef quando voleva condividere qualche minuto di dialogo confidenziale senza che i ragazzi di sala li ascoltassero, così, per attenuare la tensione prima del servizio, per concordare dove collocare in sala quel tavolo apparentemente problematico prenotato da tre settimane. O perché quel singolo prenotato da qualche giorno puzzava di guide lontano un chilometro. E poi il nuovo di cucina? Ce la farà? E il sommelier? Hai visto come si comporta? Sempre a prendere in mano il pallino e sovrastare la sua figura.

Peccato, non c’è più spazio per chi al gueridon riusciva a smontare un’intera Canard de Challans solo con forchettone e cucchiaio, senza neppure usare il trinciante, che veniva utile in caso di Gigot d’agneau de Sisteron o per un tenero Carrè d’agneau de Pauillac. La salsiera, la cloche, un giro di salsa, la collocazione del contorno, la chiusura della cloche e il servizio teatrale sotto il naso dei clienti stupiti da tanta maestria.

Ma lo chef ormai voleva porzionare tutto in cucina, era più pratico, più preciso, meno rischioso di un servizio in sala e, anche il tempo è denaro, e quindi caro il mio Maitre, non puoi prenderti tutto quel tempo di stare al tavolo per dividere la polpa dall’osso di quel Turbot in casseruola; non puoi diliscare e ricomporre quella Sole meuniere, ci pensano a farlo in cucina per te.

Ha accolto amabilmente migliaia di persone, riaccompagnandole elegantemente fino alla porta per un sorridente congedo. Ha fornito loro la grande carta, ha raccontato il menù, ha preso la comanda, consigliando e delineando una sequenza breve o lunga di portate che potesse essere la migliore per ognuno dei commensali. Ma ormai era la Signora, la moglie del proprietario che se ne poteva occupare, libera da altri impegni, sempre vestita con quegli abiti vistosi, e intrisa di quel profumo troppo concentrato per non alterare l’atmosfera.

Lui, che al massimo masticava una mentina mezzora prima del servizio, solo per essere certo che l’unico profumo che il cliente potesse avvertire fosse quella di una fresca nota balsamica nell’aria. Lui che aveva tenute aperte le finestre fino all’ultimo, perché come al solito lo chef si era dimenticato di accendere la cappa in cucina e il sentore di jus de viande aveva compromesso quel lieve profumo di deodorante che usava spruzzare due ore prima in sala, arrivando sempre mezzora prima degli altri al ristorante per rifinire ogni dettaglio: dalla pulizia del bagno, la stiratura delle tovaglie, l’apparecchiatura dei tavoli, l’aggiornamento della carta e dei menù.

Menù e piatti che avrebbe avuto piacere di continuare a raccontare, ma che i clienti desideravano fossero spiegati direttamente dallo chef, che usciva con piacere per qualche minuto a salutare ogni tavolo, prima e dopo il servizio, togliendogli anche quel momento di centralità.

I sommelier stavano diventando sempre più bravi ed eccentrici. Del resto, se dovevano abbinare un piatto ne dovevano conoscere tutti gli ingredienti e il tipo di cottura, esattamente come doveva sapere lui, però il cliente era più incuriosito dal gioco di contrasti e di armonie che si creavano tra il piatto e il vino, e dunque piano piano lasciò fare. I clienti gradivano i giochetti del sommelier, e per lui di spazio ne rimaneva ormai poco: prendere la comanda, portare avanti i piatti pieni e portarli indietro vuoti.

All’accoglienza arrivava prima la Signora, al congedo era di nuovo lei a stringere la mano a chi se ne andava, previa stretta di mano allo chef. Al tavolo il dialogo era diventato un affare del sommelier.

Marginale a tutto, si rese conto progressivamente di essere diventato un buon cameriere. Aveva fatto la carriera andata e ritorno. Aveva cominciato come cameriere, era diventato Maitre, Direttore di sala, ed era infine tornato ad essere un cameriere a causa dell’estinzione di un ruolo.

Spense la sigaretta nel posacenere posto fuori dall’ingresso del cinema, tornò come un automa verso la porta che dava alla sala dove lo spettacolo era quasi terminato, attese che il pubblico uscisse e salutò singolarmente e amabilmente ogni cliente in uscita dalla sala. Qualcuno ricambiò il saluto chiedendosi del perché di quel gesto non dovuto, addirittura incongruo a quel ruolo, a quello di un qualsiasi stacca biglietti.  

 - gdf -

giovedì 21 giugno 2012

From Japan with Love...



di Sophie
No, non si tratta dell'ultimo film di Woody Allen... Quest’ultimo, ambientato nella città eterna, malgrado un cast di tutto rispetto di cui fa anche parte il genialoide enfant terribile del cinema statunitense, ha lasciato, anche noi, santi bevitori, a bocca asciutta...

No, il titolo si riferisce al meraviglioso mondo del Whisky,
la cui paternità è da sempre contesa tra scozzesi e irlandesi.
Ma non solo… perché sono oramai anni che l’egemonia scozzese stessa viene contestata da un gruppetto di paesi emergenti, tra cui spicca il Giappone.
Il concetto di Whisky giapponese è stato a lungo sottovalutato, addirittura considerato un'aberrazione…. A torto però, perché piaccia o meno ai puristi, il whisky Made in Japan, ha dimostrato di non avere nulla da invidiare a nessuno, e non è a caso se la notorietà dei Single Malts come dei Blends giapponesi ha da un bel po’ varcato i confini nipponici.
Clima, purezza dell'acqua, presenza di torbiere... il Paese del Sol Levante aveva naturalmente tutte le carte in regola per produrre whisky. Da lì a proporre Single Malt e Blends in grado di competere con i più grandi whisky scozzesi, ci voleva un asso oltre la Manica… Però era senza contare sulle leggendarie tenacia e precisione giapponesi. Sì perché i Giapponesi non si sono limitati ad accarezzare il sogno di emulare il maestro scozzese... Hanno fatto loro, con grande maestria, un know-how secolare.
Ma facciamo un passo indietro.. Le origini del whisky giapponese risalgono all’inizio del secolo scorso per merito di Masataka Taketsuru e Shinjiro Torii che ne sono stati i pionieri. Agli inizi del'900, il giovanissimo Taketsuru, figlio del titolare di una fabbrica di Sakè, si iscrive all'Università di Glasgow per imparare la difficile arte del Whisky. Dopo diversi anni di permanenza in Scozia, il giovane torna in patria con tanto di moglie scozzese, e viene assunto alle dipendenze di Shinjiro Torii, che fonda nel 1923 la prima distilleria giapponese nella valle di Yamazaki, nei pressi di Kyoto. Nel 1934, Taketsuru impianta la propria distilleria a Yoichi sull'Isola di Hokkaido, nella zona più settentrionale del Giappone. Nel giro di un secolo, la distillazione dei cereali nel Paese del Sol Levante ha conosciuto uno sviluppo straordinario, in termini di quantità ma soprattutto di qualità, permettendole di godere oggi di una fama oramai internazionale. 
Tra le distillerie attualmente in attività, quelle di Yoichi e Miyagikyo sono situate nel nord del Giappone, quelle di Chichibu, Karuizawa e Hakushu nei dintorni di Tokyo, e quella di Yamazaki ubicata più a sud, non distante da Kyoto e Osaka.

I Single Malt millesimati Karuizawa hanno oramai raggiunto l’olimpo dei miti. I Blend firmati Nikka, grazie alle loro caratteristiche organolettiche uniche, sono particolarmente seducenti. I Malt Yoichi ci riconducono al torbato dei Malt di Islay.

La peculiarità dei Whisky Giapponesi risiede nel fatto che, oltre a possedere la potenza e il carattere propri dei Whisky Scozzesi, hanno i modi raffinati e accattivanti di una Geisha. Degustare un Whisky giapponese è un viaggio tra tradizione e modernità, con un tocco di esotismo.



mercoledì 20 giugno 2012

Il Pasha di Conversano è un ottimo ristorante


- gdf 2012 -



Un ventina di scatti da una delle migliori tavole pugliesi, per qualcuno forse la migliore. Ma senza lanciarsi in pericolosi assolutismi, sicuramente una situazione piacevolissima già a partire dalla collocazione del locale, poi per l'ambiente, il servizio, la cucina molto buona, il calore della gestione famigliare, la disponibilità di servizio al bicchiere, ( nella serie qui sotto manca addirittura un Chateau Chalon )   nello spazio salottiero dove fermarsi prima o dopo per un aperitivo o per un digestivo, ma sanno fare anche un ottimo Hendricks. Quindi, nel complesso un ottimo ristorante, perché al ristorante non si va solo a mangiare, ma anche per guardare il mare dal proprio tavolo, dai rilievi di una collina, per far due passi in un borgo antico, per bere e chiacchierare, per star bene. Un grazie alla famiglia Magistà per l'impeccabile ospitalità.





Quenelle di patata e fagiolini, crumble, pomodoro secco e menta

I tre tipi di pane, con olio, alla rucola, al basilico... ecc

Scampo al naturale con tartufo estivo

"allievo" con mandorle e gelato di mandorla

Polpo arrosto e stracciatella al basilico





Cotolette di alici panate di mandorle e farcite di ricotta di masseria, uvetta e misticanza all'acqua di pomodoro.

Minestra di fave e cicorietta, cipolle  e peperone friggitello fritti, pane di campagna croccante.


Bietole e pomodorini, brodetto di cozze tarantine e uova di tonno

Degustazione di oli

Babà di capocollo  e burrata ( ! )


Orzo cotto nel latte, gamberi rossi, bisque tartufata ( ! )

Pescatrice in foglie di alloro, patate, limone, maionese di ostrica ( da brevettare )

Un piccolo pre dessert?

Qualche cono gelato al fiordilatte o al cioccolato?

e ancora una vellutata di mandorle tostate, crumble e granita al caffè.



Ristorante Pasha


Piazza Castello, 5  70014 Conversano Bari
Tel: 080 4951079


http://www.pashaconversano.it/

- gdf 2012  -