domenica 24 giugno 2012

Una minestra di zucca



-gdf 2012 -

Dolce, salata, calda, morbida, cremosa, noiosa, come quella là. Sempre carente, mancante di qualche cosa. Incompiuta.  Ma in grado di sopportare un senso diverso ogni volta: con una speziatura, con una nota piccante, con una consistenza più tosta, non so, un crostino agliato,  con qualche cosa che la renda quello che non sembra. Ma allora non sarebbe più una vera minestra di zucca: il gusto dell’incompiuto, il piacere nel lasciare spazio all’immaginazione, da lasciarne svogliatamente un po’ nel piatto; il gusto cinico di arrivare vicino al centro del bersaglio e mancarlo volutamente. Un quadro senza cornice. Un film senza finale. Un romanzo senza epilogo. Un menù senza dessert. Un grande vino bevuto nel bicchiere dell’acqua. Le Church's senza calze.


Il sadico e sapido sapore del platonico, quando lei avrebbe volentieri concluso fisicamente. Un estenuante petting psicologico. Una minestra di zucca. Sapere di potercela fare ma non volerlo fare. Il sottile piacere - con il labbro ammiccante e la coda dell'occhio allertata - di lasciare vincere chi continua a starti sempre appresso con nessuna idea se non le tue, rese caricaturali. Fingere di stupirsi quando il tuo posto l’ha preso un altro perché pensava di essere un pochino più furbo di te.

Davanti al portiere la sbagliavo sempre, e allora, piuttosto di tirargliela addosso preferisco fare come un Balotelli che stasera  solo davanti al portiere  la butterà  a lato per non lasciare al portiere la soddisfazione di poter dire di aver preso gol da Balotelli.


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