mercoledì 31 ottobre 2012

Armadillo 2.5 | Nulla di personale


Finalmente quel vecchio record è caduto. Ci sono record di cui andare fieri, altri no. E non vedevo l’ora che quella giornata di follia fosse cancellata, quella giornata in cui una foto non esattamente inerente a wine food and music fu attribuita a questo blog da parte di Google immagini. La signorina in oggetto fu clikkata da 2200 utenti diversi in un solo giorno: immaginate un po’ come stava il grafico a fine giornata. Sembrava che il Cervino nascesse direttamente dalle risaie del vercellese. Faceva venire il torcicollo a guardarlo. Ci siamo sentiti: hai del Lasonil?

Quella giornata di ordinaria follia risale al mese di Settembre 2011, e oltre all’imbarazzo di noi pards del Bar degli Armadilli, portò per inerzia settimanale anche a un risultato di contatti mensili insuperato per più di un anno, un anno in cui si è cercato di star meglio centrati sui tre temi principali del blog. Finalmente quel record è caduto, pur parlando solo di vini, cibo e musica, e non di ragazze scosciate, fossero pure tenniste, sciatrici o saltatrici in lungo…

Questo ci fa piacere (pur se ce ne frega pochino), perché il risultato è arrivato senza gli artifici applicabili nella ricerca dell’audience, che come molti sanno, si può costruire strutturando il blog in una maniera furba, e  cioè costringendo ogni utente a clikkare almeno due o tre volte  (ma qualcuno arriva a quattro) prima di vedere aperto l’intero post: tagliato, affettato e cubettato. Per ricomporre queste brunoise di post-it servono appunto dai tre ai quattro click, a cui vanno aggiunti quelli necessari per inserire o visionare gli eventuali commenti.

Quindi sarebbe bastato anche solo tagliare il pezzo ed inserire il classico tasto … continua a leggere…per raddoppiare l’altezza del grafico fallico del Cervino. Cosa che gli armadilli potrebbero ostentare per un terzo del loro peso, ma essendo poi inconcludenti perché illudere le femmine? Non ci crederete ma questo blog ha un discreto seguito femminile. Ragazze, non illudetevi, gli armadilli hanno già aperto lo stargate da un pezzo. Altra dimensione.

Mi sono perso, allora, dicevo, questo tasto indicizza anche meglio il post su Google, ma a noi non interessa. Così come inserire foto piccole che invitano ad essere allargate, oppure buttare dentro una marea di commenti provocatori per istigare ad arte le reazioni che creino qualche flame incendiario. Ma so che ai pards pure questa cosa non interessa, perché questo blog vuole rimanere confidenziale, dove ognuno possa pensare di essere presente al banco del bar insieme a quattro amici e non con tot-mila sconosciuti.

Quindi queste cose ce le teniamo per noi, nel senso che la mia piccola esperienza di blogger su piattaforme diverse, mi ha insegnato che il risultato puro e netto, per essere paragonato ad altri blog deve essere moltiplicato per il coefficiente prudenziale 2.5. E senza considerare quando sono magari una cinquantina gli autori dello stesso blog, e che per ansia da internet compulsivo, continuano a passarci e ripassarci sopra tutto il santo giorno alla ricerca dei propri post, dei propri commenti e  di quelli degli altri.

Qui , dietro il bancone del Bar degli Armadilli, ci passo normalmente solo io, e a volte mi sento un po’ solo, ma so che i pards hanno ben altro a cui pensare, giustamente, e quindi la scopa dietro il banco e una passata di straccio sul bancone gliela do io quattro volte al giorno, volentieri, e ci ripasso anche per verificare che non sia entrato qualche individuo dedito al turpiloquio. Loro si perdono solo qualche casting che devo fare io di corsa con qualche giovane apprendista in minigonna.

Mai sentito la necessità di filtrare i commenti. Qualcuno ha avuto problemi ad inserire i commenti, ma non perché ci sia un filtro, ma forse perché le diverse opzioni da utilizzare per scrivere un commento sono troppe ed imbarazzano l’utente. Ma ripeto, qui si fuma senza filtro, ed io stesso, ho smesso di inserire commenti sui blog che filtrano i commenti, perché lo trovo offensivo verso chi voglia portare un contributo fresco e istantaneo, e che invece dopo alcune ore saprà già di vecchio e stantio.

C’è chi passa di qui anche solo per vedere che cosa c’è nella bacheca degli aggiornamenti altrui, anche di chi ci ha cancellato, ma l’armadillo non è rancoroso, niente di personale, ma neppure troppo beautiful losers alla fine, perché qualche fiches vincente riesce a piazzarla di tanto in tanto. E tanto basta per tirare avanti.

Quindi bene così, voi che passate di qui una volta  al giorno -perché ormai sapete che più di un post al giorno non lo metto- sappiate che siete i soliti quattro amici, veri, in carne ed ossa, e non la moltiplicazione degli stessi come in un infinito gioco di specchi che vi manderebbe in confusione la vista. Merci, à trés bientot, sperando che il diritto di critica sopravviva anche per i blogger, e se non lo sarà, per me nessun problema, mi divertirò ancora una volta ad alzare ancor più in alto l’asticella. Basta che non mi chiamiate "giornalista". Questo non lo sopporterei, potrei fare un Casino Royale se mi chiamate giornalista!


- gdf Casino Royale: per Alba, Carolina, Virginia, Sophie  e le altre amiche degli armadilli inconcludenti... -

martedì 30 ottobre 2012

Guardati allo specchio, sei solo uno Champagne retorico



- gdf 2012 -

All’interno delle tre giornate romane di Cooking for Art c’è stato anche modo di assaggiare diversi vini più o meno buoni, più o meno interessanti, ed ascoltare i commenti di alcuni guru della comunicazione del settore. L’affermazione che più mi ha colpito è stata fatta da una giornalista del sud che ha definito un vino dolce calabrese (molto buono secondo me) con un solo aggettivo: barocco. Da lì è partito il gioco delle parti, nel senso che il barocco calabrese è meno noto di quello salentino e via di questo passo. Dal senso al doppio senso il percorso è breve, quindi perché non percorrerlo.

La cosa mi ha incuriosito, e così scrivendo il pezzo su Glion mi sono sorpreso a suddividere in categorie alternative i diversi Champagne che più spesso mi è toccato di bere in questa mezza vita. Chiaro, lo Champagne che non deve chiedere né permesso né scusa è Krug. Come sanno i miei amici, Krug non ha bisogno né di me né di voi, perché Krug “è”.

Poi esistono altre categorie diversamente interessanti, nel senso che possono tornare utili in momenti diversi da quelli introspettivi ed autocritici, insomma, quando non hai voglia di guardarti dentro. Quindi, in caso di serata tosta, come dicevo poco fa, ci vuole un Krug per imbarcarsi in un trip critico verso il centro della propria anima senza l'ausilio della malolattica, ma se gli scopi sono diversi meglio rivolgersi a Champagne retorici, ruffiani, o tacco 12.


Ma che cos’è la retorica? Quando si parla di retorica normalmente si va per esempi, perché noi tutti non ne abbiamo ben chiaro in mente né il concetto né la definizione. Mi viene in mente per esempio un noto giornalista del vino che conduce un blog molto seguito, e che ama fare le domande al suo pubblico mettendoci dentro anche la risposta che vorrebbe avere indietro, se no se la prende. Questo è un caso plateale di retorica, diversa da quella definizione generica che recita, più o meno: L’arte del parlar bene, nel senso della costruzione di un discorso che porti alla persuasione occulta il nostro interlocutore.

Il retorico è quindi qualcuno che scrive e parla molto bene, cha sa costruire un concetto attraverso una esposizione forbita e condivisibile, ma non lo fa per esprimere un concetto pulito, lo fa per portarci consapevolmente a pensare come vorrebbe che noi pensassimo. Il suo scopo ultimo è convincerci che la sua tesi è quella giusta, unica e inappellabile.  Insomma: è un Dom Perignon

Il ruffiano non bada neppure alla forma, lui fa il servile platealmente per ottenere in cambio qualche cos’altro. Fa anche da tramite tra le persone per far si che queste si incontrino, ma sempre per averne indietro un compenso e se le cose non vanno come vorrebbe si allontana elegantemente temendo di prenderselo sotto la coda. E’ un rosé di solito, un Comtes de Champagne, un Blason de France, un Ruinart o qualche altro che conoscete già, perché ne è pieno il mondo di ruffiani.


La malolattica in questa teoria c’entra in maniera importante, perché di persone che non hanno fatto la malolattica non ne troviamo molte, mentre di Tacco 12 si. E qui rivedo una serata con vestali abbigliate di soli veli di seta arancione e tacco alto. Arancio, come l’etichetta di Veuve Clicquot, anche se per me la principessa del Tacco 12 è l’Exquise di Selosse.

Là in alto, con Krug, Salon e Bollinger tengono duro, cercando di tenere a bada retorici e ruffiani, tenendoli a distanza di sicurezza, cercando il più possibile di resistere dalla sempre possibile contaminazione.

- gdf 2012 -


lunedì 29 ottobre 2012

Glion | La scommessa



- del Guardiano del Faro -

Me la sento? Si, me la sento; posso ricominciare la settimana usando di nuovo questo strumento, e lo voglio fare lanciando un messaggio non dall'alto del faro ma dalla vertiginosa suite di un albergo svizzero dove sembrava tutto finire definitivamente. Va bene, fu solo rimandato l'epilogo, lei comunque non c'è più, non c'è più, ma il messaggio palesemente retorico voglio mandarlo lo stesso: siamo tutti deboli nel momento dello stacco definitivo, che sembra definitivo, ma non lo è mai; basta girarsi e arriva un'altra storia da vivere o da raccontare, e dove i protagonisti li abbiamo scelti noi. Illudiamoci serenamente che siano tutti veri, lo sono nel momento stesso in cui riusciamo a visualizzarli, di giorno o di notte, o quando qualcuno riesce a farci immaginare che ci siano; sono gli stessi che pensavamo andati, i nostri amici e i nostri affetti, facessero pure i cuochi o i maestri di sala, o di vita. Ci credo, fosse solo per giustificare qualche minuto in più di  vita da aggiungere a questa sofferenza continua.


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Non so, forse i Depeche meglio metterli in cuffia prima? Mah, fate voi, magari non piacciono neanche. Quanto alla punteggiatura, è di nuovo caduta giù improvvisamente dalla rupe, e non ho nessuna voglia di andare a recuperarla.

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Mi aveva praticamente mandato a quel paese. Ma la cosa non è che mi disturbasse in maniera particolarmente vitale. Organi vitali in salvo, ma cervello offeso. Lo sapevo di poterne fare a meno, ma non mi andava bene in quel modo. Ma come? Arrivi tu bimba a dirmi dove devo andarmi a ficcare? Ma come ti permetti? A me che ti faccio vivere così? Ma non voglio fare la piazzata. Scommettiamo che ne esco da signore da questo cul de sac?

Senti ragazzina, te lo dico in stand by, senza parlare, aspetta un attimo, ché se e quando voglio fare il ruffiano ne trovi al massimo due meglio piazzati sul podio d'Europa. La aggiustiamo in Svizzera, in campo neutro. Tra una Irish girl e un Piemonte's man dove la risolvi se non in terreno neutrale?  Montreux, anzi, no, alzo ancora  il tiro: c'è un Relais & Chateaux a Glion: suite vista lago. Si vede fino a Evian dal Victoria Glion, il Casinò di Evian, dove tutto cominciò, dove si poteva scommettere. Non finirà mica tutto giù dalla rupe di Glion quello che cominciò dall'altra parte del lago?


Da li non mi scappi, fa freddo anche in tarda primavera, e poi dove vai a piedi se non sei una camminatrice con tre generazioni di capre alle spalle. La verticale su Montreux è impressionante. E niente Rochat stasera, pas de Girardet, neanche il Pont de Brent. E nessuna Michelin da consultare  -anche perché non l'avevano ancora stampata- et pas des 19sur20 Gault Millau. Stasera devo vincere la mia scommessa, non posso distrarmi. Pas de Krug aussi, ci vorrà qualcosa di più ruffiano e retorico stasera. Non mi voglio neanche grattare la gola. Ti devi convincere da sola.

Adesso ti porto lassù dove volano le aquile e poi parliamo. Stappiamo un Comtes de Champagne Rosè 1976 e poi parliamo, anzi meglio se ci mettiamo sopra anche un paio di Manhattan al bar del Victoria. Va meglio? Adesso che siamo più rilassati questa illusoria ricucitura sembra non mostrare troppi segni evidenti, posso spingermi oltre: sai, a guardarla bene questa cucitura sembra meglio di una toppa, come un discorso fatto su un discorso per portarti ad una conclusione che non sia  una "conclusione", una fine.

Ma ancora non ci siamo, lo sai, sono un preciso, manca ancora la rifinitura prima di riaffrontare la suite, il seguito. Ci sta ancora una bottiglia, ma deve essere ruffiana come me stasera, ancora uno Champagne Rosé 1976. Maitre e sommelier si danno di gomito senza spostare un dito, solo guardandosi di traverso hanno capito tutto, da queste parti i maitre -i direttori di sala- sono tra i più bravi del mondo. Alta scuola da queste parti, ecco dunque che arriva la seconda bottiglia di Champagne 1976 senza neanche ordinarla, una come questa: quando si dice, capirsi al volo. E' già in ghiaccio, ma l'effetto sorpresa ci toglie definitivamente dal gelo, siamo di nuovo vivi. Sono di nuovo riuscito a ingannare me stesso, gli altri e la morte di una storia.


Champagne d'alta scuola, altamente educato si dice da queste parti, dove la tradizione, lo stile, la classe non lascia spazio all'improvvisazione. Di qui si esce con un un certo stile, con una certa classe, da aggiungere alla propria. Penso di capirci più di persone che di vini, e allora stacco secco sul racconto e vi butto dentro ad una storia ottimista che ho cominciato a scrivere  nella pagina della Guida Touring 2013 dedicata al miglior giovane direttore di sala:

"Giandomenico Ruggiero, 23 anni, vi accoglie con un aplomb inglese e vi congeda con un sorriso francese, ma siamo a Conversano, vicino a Bari, al primo piano di un ristorante pugliese: il Pashà. Ci si può fidare di questo ragazzo dal sorriso disarmante e dall'eleganza innata, dalla gentilezza naturale e non ruffiana. Dall' aperitivo al digestivo -proponendo quanto in cucina è stato sapientemente realizzato dalla creatività di Maria Cicorella- questo abile direttore di sala vi sa condurre garbatamente a spasso per la sua regione, regalando momenti freschi e gioiosi come la sua frizzante gioventù."



E' un messaggio pregno di ottimismo, in una giornata contraddittoria, dove Giandomenico mi ha aiutato ad uscire dallo stallo. Giandomenico lo sa, è colpa mia, nomination e motivazioni comprese,  quelle  che ho scritto per lui; e il Glion Institute of Higher Education lo ha premiato lunedì scorso a Roma nell'ambito di Cooking for Art. Proprio  Glion, dove sono molto bravi, ma lui ce la può fare, può emergere nel suo ruolo (come l'illustrissimo che lo affianca nella foto); si che ce la può fare a salire in alto in questo mestiere così affascinante, così psicologico, così retorico, dove deve sembrare (solo sembrare) che siano gli altri ad aver ragione, mestiere che lo porterà  a far da chaperon tra coppiette astiose e bisognose di un'altra bottiglia di Champagne per rimediare con uno stappo ad uno strappo, o per festeggiare un premio, creando liaison che non siano dangereuse. In bocca al lupo Giandomenico, ho scommesso su di te, e da Conversano via Glion si può anche sognare Parigi. 


Giandomenico Ruggiero, 23 anni, Il Pashà a Conversano,  premio miglior giovane direttore di sala 2013 Glion Institute of Higher Education . Guida Touring 2013
- gdf, il vostro cameriere on-line -




sabato 27 ottobre 2012

Splendida sorella


"Non ci saranno dimenticanze
  Non ci sara' nessun inverno che
  cancellerà il tuo nome, splendida sorella
  dalle labbra della gente"

  Pablo Neruda



  Ciao Alfre.
 Grazie di tutto.











venerdì 26 ottobre 2012

Il Guardiano d'EL FARO


- del Guardiano del Faro e il Guardiano d'EL FARO -


Qui, a Marina di Cecina, ho trovato un altro alter ego, quello a sinistra, che si chiama Roberto e fa il Guardiano d'EL FARO, che è poi il suo ristorante da ancor prima che nascesse. Roberto, insieme ai suoi due fratelli manda avanti questo locale molto particolare, perché se volete andare con lui a pesca in alto mare lui vi ci porta volentieri, e poi, al ritorno, potreste anche partecipare  alla preparazione del pescato nella cucina di questa gradevole trattoria piazzata sulla spiaggia di Marina di Cecina, con alle spalle la grande pineta e di fronte solo il mare.

Qualcuno starà pensando: l'ho già sentita questa storia. Dallo Zazzeri, a pochi chilometri da qui, qualche cosa di molto simile è già accaduto e poi si è sviluppato nella maniera che conosciamo.
Qui a Marina di Cecina ci sarebbero anche delle camere dove attendere l'ora in cui partire per fare dell'Ittiturismo, neologismo che chiarisce l'opzione alternativa a chi non si accontenterà, come me, del solo rito del pranzo in spiaggia con una buona bottiglia di Champagne accompagnata da alcuni piatti schiettamente marinari e senza fronzoli. Quindi non storcete il naso davanti alle presentazioni dei piatti, piuttosto rustiche, ma che celano dietro all'apparenza naif una qualità di prodotto e una gentilezza di mano in cucina encomiabile.

L'immancabile faro bretone mi fa già sentire a casa...

Si, ma come e perché qui? Come fa ad arrivare sotto il mio naso questo indirizzo sconosciuto a quasi tutte le guide? Tutte tranne una per l'esattezza. Qui ci arrivo attraverso un ragionamento semplice, perché ci sono zone in Italia dove pare che il novanta per cento dei ristoratori si mettano d'accordo per festeggiare tutti insieme il medesimo giorno di chiusura settimanale. Dalle parti del mio faro questo giorno infame è il mercoledì. Sul litorale toscano invece questo giorno è il martedì. Hai voglia ad incrociare tutte le informazioni sulle "app software", tanto non ne trovi uno aperto di martedì, e allora chi ti salva dalla fame stavolta? Chi ti geo-localizza stavolta? La rossa ranicchiata tra i sedili  ti geo-localizza e ti salva, indicandoti un insegna che appena l'ho vista mi ha non poco emozionato: EL FARO? E come si chiama il proprietario? Roberto? E allora no?


Spiaggia libera a Marina di Cecina

La pagina dedicata alle bollicine italiane  e francesi
Mise en place e trompe d'oeil


Tavoli in terrazza


In carta sotto i 50 euro, un grand cru di Ay. Che fai? Lo lasci?


Zuppetta di vongole in pomodoro piccante

Trippette di baccalà con zucchine e pinoli...

Pesce bandiera alle erbe e ricotta sarda di pecora

Moscardini affogati, in bianco

Un rombo alla brace per due...

Con un filo d'olio e basta...

Insalata di puntarelle con acciughe fresche e capperi

Sorbetto di frutto della passione e pepe rosa

Granita di mela verde e Calvados

Il Ponce Livornese


Questo è il programma della giornata: per chi volesse alzarsi prestino si va al porto alle ore 6.00, verso le 6.15 si naviga in direzione delle reti, alle 6.30 inizia la pesca vera e propria. Normalmente si pescano: gallinelle, mormore, rombi, mazzancolle, seppie, polpi di scoglio e tante altri poveri animali che popolano questo litorale del Tirreno. Si torna alle 12 al porto, si fa l'inventario del pescato e per le 12.30 il pesce è in cucina. Ore 13.00 tutti a tavola! Ma occhio alla sciabola, perché Roberto stacca il collo a magnum di Philipponnat con un colpo secco e senza preavviso, e il risultato è ottimo. Buon divertimento.

Ristorante EL FARO
Pescaturismo
Ittiturismo
Sul lungomare di Marina di Cecina (Livorno)



giovedì 25 ottobre 2012

Ristorante Italia | Eataly Roma



- del Guardiano del Faro -


Posso capire che la creatura romana della famiglia Farinetti abbia destabilizzato la ristorazione romana, perché se è vero che sono circa ventimila i visitatori giornalieri di Eataly Roma (e a volte anche 30.000) qualche sofferenza in giro per i ristoranti della capitale sarà inevitabile avvertirla. 

Posso anche capire che situazioni alternative come la Città del Gusto del Gambero Rosso lo patiscano assai questo attacco da parte della corazzata piemontese.


Però l’accanimento mediatico web contro il ristorante governato dal bravo Gianluca Esposito mi pare francamente immotivato. Il ristorante Italia - piazzatissimo all’ultimo piano della imponente struttura- è un ottimo ristorante, per l’ambiente, per il servizio, per la cordialità, per la professionalità della brigata di sala, per la “spessa” carta dei vini, ma soprattutto per la qualità della cucina, che può attingere prodotti e “conoscenza” dal meglio che l’Italia intera può proporre.



Ma non è solo l’ottimo ristorante condotto da Esposito a farne le spese, ma addirittura dependance interne come quella del Ristorante al Convento di Cetara di Pasquale Torrente, che qui conduce la Friggitoria, e che ne paga l’affronto, retrocedendo come e dove i gamberi possono fare la loro parte.


Ma l’acqua non si ferma con le parole, anche se è vero che la penna può far male, ma l’ondata non  si può fermare neanche con la penna, neanche con le parole, e quindi, se sono almeno ventimila quelli che tutti i giorni entrano a Eataly Roma vuoi che almeno una quarantina non si vadano a sedere nel ristorante più prestigioso e rappresentativo della struttura?


E saranno stati proprio una quarantina, o forse quarantacinque quelli seduti al tavolo lo scorso sabato a mezzogiorno, guardando un Modigliani, osservando la panoramica vetrata sulla capitale, e attendendo il primo benvenuto dalla cucina, e cioè il simbolico e gustoso pinzimonio. 

Ci sono tavoli da sei, da quattro, da tre persone. Ci sono famiglie che si ritrovano -anche con i bambini- intorno ai piatti delle venti regioni d’Italia.


Il pregio e il limite di questo ristorante è proprio questo, questo paletto messo dalla proprietà, che qui vuole innalzare il bandierone italiano, una sorta di “Porte d’Italie” come direbbero i francesi, all’interno della quale trovare tutti i sapori di tutte le regioni italiane. L’idea potrebbe sembrare buona e gratificante per le cucine regionali di ogni angolo d’Italia, ma poi se lo chef è uno solo (anche se supportato da validi consulenti), la sua mano non può avere la stessa sensibilità su ogni cucina regionale.


Questo paletto è il solo limite di questo ristorante, perché, ripeto, puoi metterci tutto l’impegno e i prodotti migliori, ma tutti noi, nei nostri mestieri, riusciamo meglio in qualche specializzazione e rarissimi sono i decatleti bravissimi in dieci specialità, figuriamoci fossero venti, come le regioni italiane. E quindi mi spiacerebbe se fosse lo chef a rimetterci, stretto in mezzo ai desideri della proprietà e la presa di posizione mediatica della critica, nonostante il gradimento del pubblico.

Aubry, Champagne.

Detto questo, i piatti che ho assaggiato e  qui documentati sono – se presi singolarmente- valutabili dall’eccellente al buono. Mi stupisco da solo per esempio nell’aver trovato eccellenti i tortelli di zucca mantovani, piatto che non amo perché spesso troppo dolce, mentre questa esecuzione supera anche la memoria di quelli di Canneto e di Quistello. Anche la composizione di verdure autunnali, con funghi, castagne e tartufo, nel suo brodetto concentrato, non sfigurerebbe in carta a St.Bonnet le Froid.


Dopo questi paragoni vertiginosi mi accontento di citare l’elegante composizione di scampi e foie gras d’oca, la corposa pappa al pomodoro con filetti di triglia, la curiosa zuppa inglese scomposta e la meno riuscita sogliola con ovuli e cavolfiore, che nonostante l’ottima materia prima utilizzata non funziona al palato, per i motivi di cui sopra. Perché non puoi conoscere perfettamente tutti i sapori di tutte le cucine regionali, e soprattutto non è detto che qualsiasi ricetta regionale sia ancora attuale o attuabile oggi, o che comunque possa soddisfare i palati di oggi come lo fu un tempo.



Due parole sui prezzi? Il menù da sei piatti a 100 euro non mi pare sproporzionato, visti e sentiti sul volto gli schiaffi che ho preso un po’ dappertutto in giro per la capitale, e per cose di minor pregio, fossero pure aperitivi o pizze, altro che cacio e pepe da 20 euro, per cortesia. 

Anche il menù a 44 euro ci può stare, mentre alla carta si sale verso vette più alte, ma del resto, lo sappiamo, il prezzo lo fa il mercato, e se giornalmente qui si siederanno spesso una quarantina di persone a pranzo e a cena vuol dire che quest’ambientazione un po’ Beaubourg ha colto nel segno dell’immaginario dei romani e dei turisti di passaggio che affollano Eataly  Roma.


E adesso le immagini dei piatti e dei vini, prima del finale, ma non prima di aver ringraziato Massimo Sola -evitate le facili battute romane- executive dell'ambaradan, che mi ha fatto da Cicerone in giro per questo gran bel paese dei balocchi, e Rudy Travagli, pratico ed efficace sommelier del Ristorante Italia, alle prese con una carta vini di grossa taglia, ma che necessiterebbe di qualche intervento di personalità.


Il pinzimonio



Triglie e pappa al pomodoro



Scampi, foie gras, caco alla vaniglia...




I migliori tortelli di zucca mantovani di questa vita



Verdure e frutti autunnali, funghi, tartufo... poesia d'autunno


Sogliola all'antica (?) ovuli e cavolfiore


Come una zuppa inglese


Piccola pasticceria 1


Piccola pasticceria 2


Soffro Roma, soffro i romani, non sono a mio agio, mi perdo, mi arrabbio, mi deprimo, mi viene voglia di andar via, tre notti, quattro giorni, durissima per il mio cervello; ma se dovrò tornarci per un qualche motivo ci verrò in treno, e scenderò alla stazione Ostiense, giusto a fianco a Eataly, per un morso e un sorso di Piemonte nel fantastico Eataly Roma, prima di ributtarmi nella mischia della capitale, sperando che vigili, poliziotti e semplici cittadini mi appaiano meno caricaturali e più affidabili, almeno come Verdone.