mercoledì 17 aprile 2013

Il punto di fumo

 del Cavaliere di Sterimberg







Sarebbe meglio non raggiungerlo, se no poi bisogna cambiarlo. E ricominciare da capo.  Rappresenta una saturazione, un eccesso, il limite superato, di poco ma superato: questo è lampante. Ma di chi o di che cosa? Di chi o cosa l’ha subito o di chi l’ha provocato? Stabilire il titolo di un articolo è normalmente compito di qualcun’altro.  E non è affatto semplice  per chi deve prendersi quella responsabilità, che potrebbe portare all’alterazione sia di chi ha scritto l’articolo sia di chi lo leggerà. Tu pensi di aver scritto una cosa carina,  ma poi chi ci mette il cappello e l’occhiello secondo la sua percezione del mondo potrebbe non averci capito niente e rovinare tutto del tuo meticoloso lavoro.

In ogni caso, è più facile chiudere un occhio quando il cerchio è stato chiuso per conto terzi se si tratta di un articolo che domani sarà già obsoleto e oscurato da uno nuovo, mentre drammatico sarà sbagliare il titolo di un libro, perché potrebbe significare la mortificazione, la fine di un’opera, magari anche buona, e soprattutto immortale, comunque!

Difficile è interpretare, difficile è decidere. Basterebbe leggere e osservare, così si rischierebbe meno di sbagliare. Ci vorrebbe anche un minimo di competenza, perché non credo abbia senso che un ragioniere (per esempio) si metta a valutare e/o criticare il lavoro di un geometra. Primo depistaggio.

Ora, per tornare ad uno degli oggetti sociali di questo blog, immaginiamo che uno dei cuochi più visionari (nel senso che la vedeva lontano, non la stella, quella la vede/va ben da vicino) si metta d’impegno a scrivere la sua autobiografia. Immaginiamo pure che questo cuoco sia stato, nel pieno della sua energia creativa, anche uno dei più irascibili interpreti della cucina italiana.

Uno che si metteva a discutere anche con un calamaro, ma non prima di averlo illuso e riempito di se stesso, per poi dargli del presuntuoso, perché troppo ri-pieno di se stesso. Uno che il punto di fumo lo raggiungeva negli occhi ma mai in padella, perché friggeva in olio d’oliva sull’angolo del tegame, a vista e a polso, la mano sinistra a stringere il manico, la destra a controllare la manopola che gli dava il fuoco, sacro.

Il punto di fumo normalmente lo faceva raggiungere ai suoi clienti, anche prima che entrassero nel suo ristorante, già nel parcheggio; e nelle giornate migliori, andandoli a trovare a casa loro -i clienti- per farli evaporare o dealcolare anche in quelle condizioni poco privilegiate.

Ecco, io sto cercando di fargli cambiare idea per il titolo della sua autobiografia, perché, per quanto aderente al personaggio, titolare “IO” un autobiografia sarebbe anche calzante all’idea, al progetto, e soprattutto al sobrio EGO del personaggio, ed è per questo motivo che ho messo in pista questo palese depistaggio: Il punto di fumo è il titolo, che chissà, uno come lui -che con l’età potrebbe essere diventato più auto ironico e meno polemico- potrebbe finalmente cogliere. Questo punto di fumo ormai raggiunto e bruciato, e dunque già obsoleto.

 cds

1 commento:

  1. un cordiale benvenuto a le Chevalier de Sterimberg sul blog. Finalmente una novità tra i blogger :-)))

    Giorgio

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