venerdì 12 aprile 2013

La cucina Vintage # 5 | Il Filetto al pepe verde



gdf 2014

Il menù più avanti prevedeva quasi sempre le stesse cose: carpaccio di manzo con rucola e parmigiano al “vecchio”… si, vecchio…  aceto balsamico; risotto alla parmigiana mantecato con le fragole e Champagne… si, Champagne…; filetto di Angus Argentino… si Angus Argentino,  alla panna e pepe verde.

Il tarocco secondo me era la cosa più sincera: insalata di arance tarocco al rum con gelato di crema industriale, tutto insieme buonissimo. Alla carta ci si poteva invece sbizzarrire andando anche oltre tra i must dell’epoca; tutti e nessuno escluso. 

Dove? Una cosa così solo a Milano poteva accadere. E il locale era anche spesso al completo, oltre cento coperti in una zona a cui non avresti dato un ventino di fiducia, figuriamoci certe mance milionarie sotto il tavolo. La mia ingenuità mi diceva che non era normale che tutta quella gente, estratta a sorte da ceti sociali così trasversali, si dovesse trovare lì tra le 13 e le 14 di tutti i santi venerdì.

Evidentemente doveva essere la zona a prestarsi. Per me era solo il venerdì, ma per altri di altri mestieri era il giovedì, il mercoledì, o il martedì. Zona periferica quella di via Mecenate a Milano, a pochi minuti da Linate, ma non era un decollo de-malpensizzato o un ammaraggio nell'idroscalo  il motivo più valido e giustificante, anzi, il 99% per cento rotolavano li da mezza Italia su gomma, facendo a gara a chi ce l’aveva più grossa. Questo lo sapevano anche alcune organizzazioni dedite al furto di super cars, che da quelle parti avrebbero potuto aprire una succursale di Achilli Motors già nel primo pomeriggio all'angolo con Viale Ungheria, e una concessionaria di mezzi industriali con carichi al completo da riciclare, già dall’ora dell’aperitivo, appena un poco più in là, per diversificare.

Operai, magutt, autisti di tir, industriali, artigiani, rappresentanti, e perfino qualche giovane in grigio che si faceva chiamare broker, intento -più che a mangiare il filettino alla griglia con l'insalatina e con il pomodorino- a vendere tra i tavoli alcune quote di un fondo di una società chiamata Fideuram. Sul tavolo vino in caraffa e qualche must a cui spesso preferivo una birra doppio malto. Birra, perché la mia ignoranza non mi permetteva ancora di capire il prezzo di un Gavi La Scolca, anche se aveva l’etichetta nera. Ma anche in seguito, mai capii il successo di questo vino, neanche ieri. Capii invece il perché le fragole dovevano finire in un risotto, anche se solo dopo averne assaggiati diversi. Erano i capostipiti dei tanti risotti contemporanei a tavolozza - quelli contrastati dalle varie sapidità e acidità- che devono più di qualche cosa a quella corbelleria. 

Sul carpaccio di carne ci finiva sopra di tutto, anche l’ananas al Maraschino se il cliente non prestava attenzione. Il Gavi, mi auguro, solo a sfumare il risotto, mentre sul piatto forte non ci potevano essere discussioni: il filetto alla panna e pepe verde era il sommo ed unico interprete nel ruolo di protrarre la digestione dal pranzo alla notte. La famosa ricetta codificata, quella che passerà alla Storia, quella che in Francia finirebbe su ogni menù classico, quella che ha attraversato il quarantennio ormai; il piatto a cui  bisognerà rendere l’onore delle armi, ma onorandolo da neppure un epitaffio. Armi taglienti che, ahimè, quando andavo ad usarle per incidere quel filetto troppo sanguinolento, faceva si che la panna e il sangue si fondessero in rivoli "Argentei" trasformandosi infine in una cosa vomitevole come un film dell'orrore, effetto primario (il conato) che puntualmente provocava al mio stomaco questo mostro sanguinoso; mentre io pensavo -cercando un rifugio dove piegarmi in due lungo la tangenziale-  fosse lo smog milanese a farmi girare le viscere tutte le volte che mangiavo un filetto al pepe verde a Milano.


gdf '80


8 commenti:

  1. Grandissimo ;)oggi però si fa ancora peggio col calamaro c4 patagonia, cos è un esplosivo?

    TMC

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    1. Caro chef, quei venerdì erano proprio dedicati al commercio di surgelati dal Sud America, appunto. Più che altro era il mercato delle carni che attirava l'attenzione di quei personaggi, ma non dimenticando che il Gambero Argentina L 1 surgelato a bordo e, come dicevi giustamente, il Calamaro sporco C 4 Patagonia erano le star delle contrattazioni. Comunque meglio del Merluzzo del Capitano ;-)

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    2. Magari Chef,sono un umile saltapasta regionale oltretutto datato :-)con la voglia di farlo lo chef,ma anche come gregario, ma putroppo devo arrendermi che non ho più mercato,anyway il capitan findus di qualità con un buon merluzzo è da leccarsi le orecchie :)

      TMC

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  2. "decollo demalpensizzato" mi ha ricordato che stasera c'è Crozza in tv.
    La giornata è salva, manà manà...
    Alba

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  3. ...e così mentre noi milanesi prendevamo la mezza in direzione faro, focaccia e fritto misto ( con lo spicchio di limone e allora...), qualcuno passava i venerdì pomeriggio nell'amena via Mecenate...oggi la mezza mi serve appena per uscire dalla tang. e capisco perchè disancorarti dal faro e "tornare" tra le nebbie sia tanto difficile quanto la digestione dopo un filetto al pepe verde...
    Marco 50&50

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  4. Io invece ho nostalgia dell 'inevitabile ,after midniight,"risottino allo Champagne" offerto di tanti locali notturni,che pure mi piaceva e accompagnavo con mezza di Moet (soluzione più economica).

    Ro.

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  5. Che ê sicuramente meglio dei tanti con aria di, con polvere di, con alga essiccata, magari il Guardiano una mantecata allo champagne potrebbe riservarcela...
    Marco 50&50

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