lunedì 30 settembre 2013

Stonehenge


del Gaglioffo del Faro

Finalmente è tornato da quel lungo giro in nord Europa, Scandinavia compresa, ma soprattutto Gran Bretagna da quel che vedo. A me dicono che penso in francese e scrivo in un un approssimativo italiano. E' spesso vero. Lui qualche spunto l'ha preso dagli uni e dagli altri, tentando una commestibile traduzione italiana.

Glielo avevo detto mille volte, testone di pietra, se vuoi inventare un piatto nuovo devi partire da lontano. Devi cercare un orizzonte discosto dal tuo consueto, distante dal tuo contesto abituale. Devi conoscere le storia delle cose, dei prodotti, e soprattutto delle persone che le hanno rese fruibili e masticabili ai propri simili. E se vai su di li: parla con gli altri e lascia stare gli alci.

Gliel’aveva detto anche Marchesi. Non c’è niente da inventare, salvo che tu riesca a farmi mangiare cavallette. Ci vogliono basi solide. Bisogna conoscere le tecniche antiche di costruzione del piatto, la stagionalità, l’importanza dell’elemento principale e dei suoi accompagnamenti. Ci ha pensato a lungo e mi ha mandato questo. Nessuna cavalletta per fortuna, niente corna d'alce : solo carote.


Si chiama Stonehenge di carote. Sono carote osmotizzate al cumino. Esiste già in due versioni, giustamente, secondo stagione. Quindi, o con pozzangherina di brodo Wiltshire nel periodo primaverile che richiama la pioggerellina di quella Contea, o con prato verde -fatto di cimatura di broccolo nostro- nel periodo autunnale, avendo difficoltà (comprensibilmente), ad approvvigionarsi con regolarità settimanale di broccoli del Devon. Perché il cumino? A sottolineare l'impatto imperialista britannico su una tradizione storica inesistente: fish and chips. Ci tiene all'aspetto culturale recondito, non plateale, anche perché il cumino è pure Mediterraneo, la culla della cultura e della cucina.



Va mangiato, mi dice, in penombra, o al tramonto, o con luce di lampada abat jour che crei l’effetto ombra. Non è un piatto estivo perché il brodo d’estate evidentemente fa sudare, e i broccoli non ci sono. Ne abbiamo parlato a lungo, e lui alla fine ha capito così. Però, dai, è suggestivo, e poi sotto solstizio potrebbe avere anche un suo perché.


Il menù nordico dovrebbe poi svilupparsi attorno ad un carpaccio di torba scozzese in "Loch Ness infusion", di una bontà mostruosa mi assicura, e da una tartara di muschio finlandese rilevato di chips di licheni artici. Evidentemente, quando gli ho detto gli lasciare stare gli alci ci ha pensato, e si è tagliato su misura la vena vegetariana 

Mai coerente fino in fondo mi stupisce con questo: l'altro piatto forte del menù, che è rappresentato dai bastoncini di renna seppiata a bassa temperatura, perché, dice di nuovo giustamente, ci è già abituata a quel clima. Non ho visto il dessert però si può intuire che questo menù, ammettendo rotondità finali dolci, vada comunque inteso, secondo me, geometricamente più che matematicamente. Del perché le amicizie nascono, e del perché non durano.


Mi chiede poi di condividere queste emozioni con voi tutti, mettendomi però di fronte ad una domanda che, come spesso accade, mi imbarazza assai. Dice:

-quanto può valere tutto ciò? Cosa può valere un menù così curiosamente inspirato e articolato attorno al fascino del grande nord. 

-In Pounds o Corone ?

-No, in ventesimi

-Mah, dipende anche da chi ti capiterà davanti, ma credo che il range  -la forbice per capirci- dovrebbe stringersi tra il 13 e il 17.

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Sarà il Fuoco Sacro che si sprigiona dalla cucina, sarà la cieca Passione. Quella che va oltre la ragione e che cancellerà subito dalla mente questo post partito da un affettuoso ricordo, ma poi calatosi in gelide malinconie, in mari pacati, e dentro atmosfere fosche e brumose, trovando finalmente un'aurora nuova.


gdf




Piano A



Piano Attico

domenica 29 settembre 2013

Se dici ferie...


 Marco 50 & 50

"Giorgio è l’unico cuoco che io abbia mai visto con un istinto improvvisativo così elevato. E’ in grado di sfornare un piatto con due, tre ingredienti mai visti prima con una velocità ed una consistenza disarmanti. Ho provato più volte personalmente a metterlo alla prova ma non c’è stato verso. Lui ha dentro di se gli ingredienti e le loro iterazioni, una profonda padronanza della materia che gli orientali definirebbero maestria."
Alberto Cauzzi su Pier Giorgio Parini

Quando ho letto queste parole su PG, mi sono ricordato che l’unica volta che sono salito a Torriana, il locale era chiuso, ma non ho attenuanti per le altre 69 volte, si fa per dire, ma è una cifra vicino alla realtà, che sono passato in Romagna e, pur concedendomi qualche colpetto di coda, Piastrino, Locanda del Gambero Rosso, Locanda Liuzzi, Carducci 76, Alceo e Uliassi, in regione ed extraregione, la salita verso il castello di Azzurrina, chissà perché non l’ho fatta, avrò un’inconscia paura dei fantasmi.

Non passare dal Povero Diavolo è stato un errore, che ho ripetuto, perseverando, che mi ha impoverito e mi ha messo un diavolo per capello. Dal racconto di Vizzari e dalle parole di Cauzzi,  ho capito, non solo che l’esperienza da Pier Giorgio Parini andava fatta, ma soprattutto com'è, anzi cos'ha dentro lo chef in questione. Ma la questione è un'altra, ringrazio PG per lo spunto, ma punto ad un'altra cosa.

Certe persone hanno un dono, studiano, si perfezionano, si documentano, sbagliano, migliorano, ma quando “usano” il dono che hanno dentro non fanno alcuno sforzo, direi al contrario che provano una sorta di piacere. Non vivono di rendita, (saltuario, deprecabile ma umano atteggiamento di quasi tutti di fronte alle scelte obbligate o agli obblighi non scelti) al contrario spinti da un “fervore mistico”, che spero renda l’idea, godono se possono utilizzare un dono che sembra e forse è inesauribile, per meglio dire un’energia rinnovabile.

Una prerogativa di quest’energia è che lo sforzo, apparente, di uno, genera benefici per tutti quelli che hanno la fortuna di poter condividere momenti, più o meno lunghi, con il possessore del “dono”. Sia esso un cuoco, uno scrittore, un insegnante, uno spirito libero che lavora l’argilla, un musicista, si resta sempre a metà tra lo stupito e lo stupido, assistere ad una “performance” è comunque, come ha detto Cauzzi, disarmante.Per essere chiari al 100%, difficile nel mio caso, sottolineo che Torriana è già lontana.

Persone così, però, se pur raramente se ne incontrano e, se anche l’ambito nel quale “esercitano”, non è la nostra principale passione, gourmet per alcuni, di altro tipo per altri, dobbiamo fruire dei dritti, dei rovesci e degli effetti, che ci regala la loro vicinanza, stando sotto rete a fondo campo, in panchina, comunque a contatto, diretto , regionale, intercity, aspettando il passante,  l’importante è lasciare loro rotaia sciolta, qualcosa arriva, se gli lasciate la briglia probabilmente arriva un cavallo, se tirate la cinghia attenti alle zanne.

Solitamente, questi soggetti “sembrano” persone normali, lo sono, ma quando per lavoro o per diletto, che per loro è lo stesso, e il punto è proprio questo, hanno l’occasione di usare il dono, ci fanno un dono se siamo lì con le orecchie tese, ma non a mani tese perché non è un’elemosina dare ma una gioia.

Uno di questi soggetti, un marinaio bretone che preferisce guardare l’acqua dal faro, oppure da poppa, se la barca è in porto, meglio ancora guardare le poppe con un porto in mano, a volte ci regala qualcosa di unico. 
Gli succede spesso quando gli vengono i cinque minuti o ne trova 12 tra un calice e l’altro mentre guarda giù dal Faro, senza sporgersi troppo, rassicurato dal fatto che tutta quell’acqua sia sempre alla stessa distanza, eppure, pur tenendosi a distanza sia dall’acqua che dai suoi simili con un colpo di tastiera si avvicina, ci lascia un regalo e si riallontana come un’onda che porta sulla battigia una conchiglia dove prima non c’era niente.


Marco 50&50

sabato 28 settembre 2013

Capitani coraggiosi

di Marco 50 & 50
"Notevole era il contrasto con gli altri capitani di navi: quelli, vestiti di tela, le unghie nere di pece, il viso bruciato dal sole; lui, sempre in giacca scura, bombetta grigia, guanti... motivo per il quale non era molto popolare tra i suoi colleghi.

Perfettamente educato, se ne aveva voglia, intratteneva piacevoli conversazioni in francese o in inglese....più spesso era taciturno......affidò la sua irrequietezza, il suo male della vita, ai romanzi.

Miracolosamente, a salvare lui stesso, apparve la figura del capitano Marlow, un alter ego del narratore.

Ora, dopo aver dormito, apre gli occhi e ha la sensazione gioiosa - quella sensazione gioiosa che sola ci dona la giovinezza - di poter durare in eterno"
Dal Corriere del 26/08 di Giorgio Montefoschi


Alcuni passi del bel pezzo su Conrad e la tratta da Capitano Bangkok-Singapore, mi ricordano qualcuno...ma, come dice A&P, "andiamo oltre la sogliola", e, in attesa del ritorno di Capitan Findus, stasera mi concederò un aperitivo come si deve lontano dai banconi affollati e dai vassoi assaltati. Per rimanere in tema, direi un Singapore Sling. Posso volare di fantasia ma il Raffles richiede un volo intercontinentale che non è nelle mie ali.
anche i ricordi dell'Oriental di Bangkok sono distanti, Riccione non è proprio la stessa cosa ma, per quante mosche possa mangiare, il mio volo, almeno per oggi fa scalo in Romagna.


L'equipaggio  è un due con, 2 amici con due quote rosa, non servono lupi di mare a bordo, navigheremo a vista, la tratta Albergo-Brasserie ce lo permette.
Ho, as usual, un accenno di fame, direi da lupacchiotto, assaggerò QB (quanto basta) sperando in un QP.
Qui di solito funziona così, si ordina da bere e loro accompagnano, con una sorta di mini cena di qualità.

Pianificare troppo non serve, niente Singapore, andiamo in Franciacorta, per un attimo avevamo pensato ad Appiano Gentile, poi ci hanno detto che non c'è nessuna app da scaricare con pianista incorporato che ci suona qualcosa a richiesta, così una Gentile cameriera stappa Appiano, con maestria, un Franciacorta Saten



che  è sempre musica per le mie orecchie che sanno ascoltare i consigli di BB.

Qualcuno con me è riuscito a sentire, oltre ad altre cose :
fragranza, tostatura di pane, lievito, vaniglia, freschezza, sapidità, mineralità, ma avrò capito bene? E poi ancora un gusto fresco e albicocche e pesche.

Solo io ha colto, altri profumi, altra frutta, ma non vorrei essere smentito né ripetitivo, poi magari si scopre che non capisco un kaiser...


Parte dell'accompagnamento musicale :




Occhieggiano altre bocce, di vetro, carne e silicone, ma non mi posso muovere più di tanto, a fianco ho una spina, che non voglio togliere.
Un gruppo di lolite dirimpetto (cosa vorrà dire ?), vivono in pieno quella sensazione gioiosa a cui accenna Montefoschi, una di loro in versione BB, quella del segnalibro, non mi toglie gli occhi di dosso, forse non ha mai incontrato  un sognatore, di sicuro non ha ancora varcato la linea d'ombra e il suo sguardo è solo curioso, come se per la prima volta in vita sua avesse visto un Albatros.

Marco 50&50

venerdì 27 settembre 2013

Peperoncini ripieni e Chateau Miraval


del Guardiano del Faro


Lo scriba, da là dietro, mi osserva. La Nikon è resettata: cambio d'olio e filtro e si riparte. Sembra in buona forma al primo colpo d'occhio, invece a me è scesa la curva glicemica; per carità, meglio che se mi fosse scesa la catena, perché con la curva glicemica si fa in fretta: ma se il barman è astemio? E se sono due? e anche proprietari, e pure dentro lo stesso bar che tira avanti alla grande dagli anni ’70! Ma come è possibile lavorare in due nello stesso bar, aver successo, ed essere astemi? Mi stavo bevendo un Campari soda con parecchio ghiaccio e limone, Tanqueray di rinforzo, quando uno dei due mi mette davanti il gottino dell’acqua del caffè con dentro mezzo dito di Prosecco tiepido, chiaramente tiepido. Si capiva perché il bicchiere si è rifiutato di appannarsi. Avviso: questo post è fuori sincrono.

Bisogna lavarli e asciugarli

Secondo lei sa di tappo?
No, non sa di tappo. Lui no.
Perché gli altri l’hanno bevuto fino a metà dell'altra bottiglia, mentre questi hanno protestato.
Con ragione.
In che senso.
Nel senso che ci vogliono dei motivi  validi per protestare.
No, o sa di tappo o non sa di tappo!
E lei non è in grado di capirlo? Deve aspettare che glielo dicano i clienti? Quello di prima sapeva di tappo. Questo invece no. E allora? Di cosa stiamo parlando?
Non ne sono sicuro, io non bevo.
Basterebbe il naso, ma voglio dire: come fa a fare il barman senza sapere che gusto ha un vino? Che gusto ha un Campari soda, un Gin, un Whisky...
Non mi hanno mai chiesto di bere alcol per fare il barman.
La capisco, là fuori c'è una marea di uomini e donne a cui hanno dato la patente senza curarsi se quello fosse il loro talento. Settimana scorsa mi hanno bollato la macchina dentro un’autorimessa a pagamento in Corso Sempione da 3 euro l’ora 
E non ha protestato?
Certo, ma mi hanno detto che non era vero.

Tappo perfetto

Ma questo sa di tappo?
Si, questo si ma l'altro no! Di chi sarà la colpa?
Ma sono 3 euro!
Come un'ora di parcheggio a Milano. Dentro un’autorimessa gestita da incompetenti.
Ma che significa, quanti attori fanno il vino, e magari sono astemi!
Di astemi che fanno il vino già ne conosco, e i risultati si sentono già al naso. Mi ascolti, poco fa sono stato bloccato da una coppia su un auto targata CN. Mi dicono “ capo! Via Annunzio?” -Annunzio?  “ guardi qui sul foglietto : via Annunzio 47” – Non D’Annunzio?  “ eh?” - quello che scriveva poesie… “ non ho capito…” – faccia così, torni indietro e poi vada in fondo a destra, come farebbe in un ristorante.

Che cosa vuol dire?
Che io non potrei fare il vigile voglio dire.
Perché l’ha mandato nel posto sbagliato?
No, l’ho mandato -contestualmente- nel posto giusto. 
Non ho capito di nuovo
E io devo andare in bagno. Dov’è il bagno in questo bar?
Le do la chiave, e là in fondo a destra

Dalla prossima primavera ne venderanno un mare sugli yacht di tutto il mondo, e anche sulle spiagge.

Era giusto tre anni fa. Mi sono distratto un attimo perché ero in Francia, e mi sono dimenticato per un attimo del terzo anniversario di un episodio che mi mise in testa più dubbi che certezze, questo:http://www.lucianopignataro.it/a/krug/14976/ .

Levare i semi, piccantissimi...
Non mi piace mettere i link in maniera elegante, dissimulata sotto un porcino, tanto mi hanno detto che solo il dieci per cento di chi legge si collega al link. Me lo scrisse proprio il più diretto concorrente del Web-Lucianone nazionale, quello che non molto tempo fa definì questo blog "uno dei tanti blog che si occupano di food and wine" mentre Lucianone nostro mi definì in seguito: penna colta e ribelle nel momento in cui stava recuperando un mio vecchio post sulla pasta. Penna colta parlando di pasta dovrebbe essere inteso come un complimento. Quindi ringrazio Luciano e proseguo tornando a quel Krug.

Quel post provocò reazioni diverse. Potenti quanto il testo. Ne voglio ricordare tre, dopo l'immediata e solenne incazzatura salitami all'ipofisi per averlo visto sotterrato nel giro di poche ore da almeno altri sette post di sagre paesane. La decisione la presi già quella sera, camminai ancora qualche mese con il coltello piantato nella schiena, come avrebbe fatto un indiano americano, prima di morire. Non fermi l'acqua, figurati un Krug

Il giorno dopo, al di là dei commenti ancora oggi visibili in chiaro, arrivarono telefonate ed e-mail a pioggia, che non sapevo come gestire, diffidando sempre dai complimenti e adorando e accettando a cappello basso le critiche, da parte di chi  si poteva permettere di farle. Stasera vorrei tornare su quelle tre comunicazioni al top, quelle rimaste ancor oggi più alte, senza mancare di rispetto a nessun'altra. Arrivò un invito a casa di Monsieur le Directeur che mi aspettava con in mano una bottiglia fresca di un vecchio Clos de Mesnil, poi un invito al Louis Xv di Montecarlo per una lepre à la royale, e una sorridente telefonata apparentemente ruffiana, ma che invece nascondeva un messaggio ben più importante, messo in chiaro da subito: non ti potrà sempre andare così bene, la tua vena prima o poi si esaurirà.

Il ripieno, secondo me
Questo è uno bravo a lanciare anatemi, pensai, e quindi non mi preoccupai, per via della legge dei grandi numeri. Adesso arriva -dopo l'anatema- anche un altro link, ancora più lungo, che non vuole dimostrare nulla, salvo che la provocazione mi è sempre stata portatrice di stimolo a cercare quel luogo in fondo a destra. Dove ci si manda e ci si reca, tutti.. Le personalità, le mie, si sdoppiano, si triplicano, si moltiplicano, si sommano. Quindi, prima che la vena mi si esaurisca, o peggio, si secchi, apro (mi hanno aperto) una nuova via, un nuovo filone, dove mi trovo in compagnia di giovani pezzi pregiati del food & wine che fanno di nome Alberto Faccani, Ivano Antonini e Luca Martini. E così, con uno chef stellato e due sommelier rispettivamente titolati a livello italiano e mondiale posso anche rimettermi addosso la giacchetta da cameriere e fare un mestiere diverso dal loro, che sono dei professionisti. Giacchetta da cameriere, la solita, quella di Levinson.



Angelina Jolie e Bradd Pitt dubito sappiano fare del vino, e allora si sono affidati alla capacità degli enologi di Chateau Beaucastel per fare un vino buono, non straordinario, ma ben fatto, mentre io, pensando ad altro, ho finito di confezionare questi peperoncini farciti di tonno, maionese, capperi e maggiorana,- molto piccanti- dimenticandomi di un passaggio fondamentale: lessarli qualche minuto in acqua salata e aceto prima di farcirli. Per questo non sarò mai un bravo cuoco, perché questi peperoncini sono belli da vedere ma non si possono masticare. Però ve lo potrei raccontare quanto sono duri e quanto sono piccanti, questo penso di saperlo fare.


gdf rosè



giovedì 26 settembre 2013

Ostriche!


di Giorgio Manara


Ostreicultore : un mestiere umano 

Passione e pazienza, sono le parole chiave dell'Ostréicultore.
La messa a dimora "Ponte", avviene normalmente in Estate ed i primi mesi sono pieni di pericoli : la giovane Ostrica ha bisogno di acque non troppo saline, deve essere protetta dalle Stelle Marine e dalle lumache di mare : l'ostreicultore, le cura come bambini per tutta la loro vita !

Nel semi-allevamento : uno-due anni nel primo parco, ed uno due anni ugualmente nel secondo parco.l'ostrica, subisce mediamente una trentina di manipolazioni !

Valore dietetico unico

Eccellente per la salute, il valore nutrizionale dell'Ostrica, è oggi scientificamente provato ! Facile da digerire, contiene proteine di eccellente qualità, numerosi elementi minerali e vitamine indispensabili all'organismo. Inoltre il suo apporto calorico è debole.L'Ostrica e la sua acqua presenta dunque un rimarcabile interesse nutrizionale, perfettamente adatto alle odierne esigenze nutrizionali 


Si conservano bene !!

le Ostriche si consumano tutto l'anno, contrariamente a quanto si usa dire, anche se in inverno, sono meno grasse  (in inizio estate sono feconde).
Raggiungono la migliore qualità gustativa, 2-3 giorni dopo che sono state raccolte dai bacini e possono essere consumate parecchi giorni dopo la data di imballaggio indicata sull'etichetta, a condizione che siano correttamente conservate. Vanno rigorosamente tenute non di fianco o sottosopra ( affinché non perdano la loro acqua ) ma piatte ,  parte concava verso il basso, ed alla temperatura fra i 5° ed i 15° centigradi. Ideale in inverno e  se avete un terrazzo a nord ( non esposto al sole )Altrimenti, potete tenerle nella parte bassa del frigorifero. Attenzione : le Ostriche vanno rigorosamente consumate vive ! Suggerimento : quando le aprite devono avere l'acqua, ...e provate a toccare con la punta di un coltello i "barbigli" verde scuro dei bordi. Se sono vive,........ anche di poco,  li vedrete ritrarsi ! ..e poi , cribbio, annusatele sempre,....l'ostrica morta si vede e si sente....!!!


L'affinamento in Claires 

Queste <claires>, bacini di poca profondità,erano anticamente degli stagni naturali  che intorno all’anno 1000 vennero trasformati in saline . Inglesi, Norvegesi, Danesi ecc. venivano con i loro velieri ad approvigionarsi di sale per conservare il loro pescato nei mari del Nord.  Destinati, poi all’ostreicoltura, fecero la fortuna delle coste della Charente.
Le Claires, devono essere repertoriate al <Cataste National des Cultures Marines.>
L’Affinage è la tappa biologicadella produzione che consiste ad immergere le Ostriche adulte nelle Claires per il loro “conditionnement” prima della commercializazione.
L’acqua poco salata di questi bacin per l’azione di sole e pioggia,, si arricchisce  in fitoplancton, sali minerali e ossigeno, nutre e  depura l’ostrica che assume un bel colore verdastro con a volte sfumature azzurre sui bordi.   Irrobustisce la conchiglia ( écaille : in vecchio Francese )..infatti ancora oggi i rivenditori, espongono l’insegna <éCAILLEUR>.

Questi strani bacini (simili alle nostre Risaie) sono scavati nel suolo impermeabile. In questi bacini le ostriche e la loro rete d'alimentazione sono sottomessi al regime delle maree. L'immersione dell'ostrica nelle Claire, ha luogo dalla fine dell'estate alla primavera. Le Ostriche si caricano in glycogeno, ingrassano e inverdiscono. Da questa operazione d'affinamento, nascono le "Fines de Claires", le "Spéciales de Claires" e le " Label Rouge "....massimo riconoscimento dell'ostrica di Marenne-Oléron !

< fines de claires>

Punto di forza nelle vendite di Marennes. Vengono tenute nei bacini per circa un mese con una “popolazione”  per mq. di 30 – 40 pezzi

<spéciales de claires>

di qualità superiore, più carnose..ostrica da amatori . Vengono tenute in bacini per 2 – 4 mesi per una <popolazione < di  5 – 10 pezzi per mq.

<label rouge>

da estimatori...4-8 mesi per 5 pezzi a mq.

<écaille d’argent> (deposé)

di grande finezza e di alta gamma .Abbondante e gustosa, lunga in bocca, lascia sovente un gusto quasi dolce sulle papilla che surclassa il gusto di sale e iodio tipico dei prodotti meno <carnosi> e gustosi.Questa meraviglia non puo riprodursi in Irlanda per la temperatura del mare...ma vi è cresciuta tenuta in bacini particolari  ricchissimi in fitoplancton e liberi da parassiti nocivi alla conchiglia .Si allevano in Francia ed Irlanda , l’affinage solo in Francia,   e spiegano un madreperla di un bianco quasi argenteo ( da cui il nome)

<quatres saisons>

ostrica particolare magra, in carne e gustosa molto dolce e delicata. Ha la particolarità di non diventare lattiginosa  nei mesi senza la <R>.. e quindi viene anche chiamato l’ostrica dell’estate.


Le Bouzigues del Mediterraneo

(bacino – étang de Thau )
Bouzigues, sotto Montpellier a Sud Ovest di La Grande Motte, ai confini della Camargue, ed in particolare i bacini di Thau sono l’anima dell’ostreicoltura Francese, con gli allevamenti più estesi di tutta la Francia.
L’ostrica, ancora giovane, ha il suo tipico mantello “sfogliato” ancora non completamente indurito e dalle tipiche sfumature rosa antico.
La mancanza di marée, come negli allevamenti della costa Atlantica,le piccole ostriche vengono incollate con un cemento speciale a delle funi sottili e attraverso speciali impalcature, sospese nell’acqua dei bacini.
Normalmente, le funi vengono saltuariamente sollevate ( manualmente o motorizzate) per appunto imitare le maree che in Mediterraneo non esistono !
Ciò permette al <bivalve> con l’esposizione al sole, di irrobustirsi e contemporaneamente di eliminare per essicazione i parassiti che attaccano i gusci. Data la superiore salinità del “Mare Nostrum” ed in modo più vistoso nei suddetti bacini,le Ostriche di Bouzigues, risultanopiù saline ed Jodate delle consorelle della Costa Atlantica.

Giorgio Manara

mercoledì 25 settembre 2013

Una bottiglia di Chablis e i segreti di Villa Rosa

Quel pomeriggio Paperino rinvenne nei sotterranei di Villa Rosa dei diari, leggendo i quali trovò l'ispirazione per crearsi una seconda identità: Paperinik. Tempo dopo, giocando da solo a Monopoli, mi resi conto di averne già inventate almeno quattro di personalità diverse, quanto avverse. Quelle amichevoli mi diedero subito sui nervi, perché noiose e stucchevoli, e perdenti al Monopoli.


gdf 1967

Nel 1967 avevo sei anni e attraversavo tutti i giorni una strada statale di corsa per andare ad affrontare la fine di quella strada asfaltata che mi portava a confrontarmi con una Prima sensazione che mi dissero importante, ma secondo me molto Elementare. Accompagnato, si, ma solo il primo giorno, e da una moderata emozione per non suscitare dubbi.

Poi da solo, con le mie prime palline di carta impastate di saliva da lanciare dall'ultimo banco e una matita ancora da appuntire, da temperare e svuotare dentro a quel piccolo contenitore di vetro (il calamaio) incastrato su un angolo del banco foderato di formika (lo scrivevo con la k) che avrebbe dovuto contenere inchiostro invece che grafite e legno temperato.

Uscivo dal negozio dove vendevo a mia insaputa dischi in vinile e elettrodomestici smaltati, fatti di plastica e metallo; lampadari di strass, caffettiere in lega leggera dell'uomo con i baffi, vassoi d'argento, acciai Alessi, ceramiche di Limoges, vasi di Baccarat, bicchieri di cristallo di Boemia e molti mangiadischi, e cioè quell'oggetto che rigava e divorava comunque ogni disco, non facendo differenza tra Rita Pavone e i Moody Blues

Quella mattina di inizio estate non ci dovevo più andare a scuola, potendomi così dedicare ad una collezione di Topolino che avevo rinvenuto in un armadio a muro rimasto chiuso da chissà quanti anni in quella casa che non era mia, che non era nostra, e non sarà mai stata di nessuno, pensando ad una vita in affitto. 

Risalivano agli anni ’50 e i primi '60 quelle edizioni di Topolino che mi fecero spalancare gli occhi e passare interi pomeriggi a leggere e imparare, steso su un letto di immaginazione.

Il mistero di Villa Rosa mi affascinava più di ogni altro titolo. Pensate che Paperino ne divenne proprietario per un errore delle Poste. I sotterranei di Villa Rosa, per me più intriganti di tutti i milioni di dollari di zio Paperone o di tutte le fortune di Paperoga. Meglio la sfiga di Paperino come antipasto. All'opposizione fantasiosa mi sentivo già a mio agio.


Quel pomeriggio Paperino trovò nei sotterranei di Villa Rosa dei diari, leggendo i quali trovò l'ispirazione per crearsi una seconda identità: Paperinik. Tempo dopo, giocando da solo a Monopoli me ne ero già inventate almeno quattro di personalità diverse, quanto avverse. Quelle amichevoli mi diedero subito sui nervi, perché noiose e stucchevoli.

Sembravano tutti più belli e interessanti quei piccoli volumi, forse perché non sapevano di edicola ma un pochino, come dire, quasi di muffa, ma non di tappo, solo di chiuso e quindi avevano bisogno di un poco di aria per esprimersi. Sapevano di chiuso, di maturo, ma non ancora di vecchio. 

Topolino mi sembrava uno già troppo opportunista rispetto a Paperino. Uno che sapeva aspettare il momento buono, mentre l'altro, Paperino, più istintivo e irascibile: uno fuori controllo per un niente. 

Quella mattina era anche domenica mattina, ma di andare in chiesa non se ne parlava proprio, magari al cinema si, ma non a quello dell’oratorio. Il fascino di quella collezione abbandonata da qualche bambino nato molto prima di me e abbandonata in quell'armadio a muro chiuso a chiave mi fece capire il significato dell'attesa, il fascino del ritrovamento, della bellezza -invece della paura- che si poteva celare dietro al muro.

Anche gli oggetti maturano. Con qualche ruga o qualche riga, ché quando li tocchi o li riguardi non sono molto diversi dagli esseri umani. Quei "Topolino", tra gli otto e dodici anni di invecchiamento si esprimevano al meglio, come oggi una bottiglia di Chablis d'autore.



Una BMW 2000 CS coupè davanti al mio naso appena uscito dalla porta di casa cosa ci faceva? Non c’era null'altro intorno di parcheggiato in quella stradina di un qualsiasi paesino di campagna dove stavo parcheggiato in quel periodo. Grigio metallizzato. Si diceva argento metallizzato. Non aveva nessun senso logico quell'oggetto messo li in quel momento. Mi dissi, anzi, comunicai a quell'oggetto: tu un giorno, anzi, mettiamoci d'accordo fin da ora; adesso non è tempo, ma tu tra una dozzina di anni sarai mia, evoluta, un poco diversa, ma sarai tu il mio primo grand cru!

Non fu quella là, ma  la sua evoluzione, dodici anni dopo, perché uno Chablis Village va atteso meno che in quella misura di maturità, mentre invece un grand cru lo si può aspettare un po’ di più. Anzi, si deve aspettarlo di più, se no lo sprechi. Ne ho sprecate alcune, anche di molto buone tentato dal forzarle ad uno stappo precoce. Arrivò più in là quella là, quella aggiornata, quella colta al momento giusto. Si, però, ma anche questa, accidenti a lei! Questa bevuta oggi sapeva proprio di vinile buono, appena velata dal tempo, avendo avuto la pazienza di aspettarla.

gdf '67 



martedì 24 settembre 2013

Baumanière : l’Ultima cena



Del Guardiano del Faro


Nel senso che è stata l’ultima in ordine di tempo. Ma anche nel senso che se proprio dovessi scegliere dove, beh! Baumanière potrebbe essere il posto giusto, sapendolo prima. Bevuto troppo? No, troppo giusto che troppo tanto, perché qui esiste la carta dei vini che riporta la più profonda collezione di vini francesi esistente oggi in Francia, dopo che la Tour d’Argent ha dimagrito la sua impressionante collezione storica



Stop. Questo è un posto emotivo, l’articolo complessivo, con storia e geografia al seguito, apparirà prossimamente su Reporter Gourmet. Qui siamo al Bar degli Armadilli, e il clima entusiasta o rilassato del banco bar va inteso diversamente, raccontando a frammenti interrotti di quel che compare su un volume di cantina che non ha mai perso identità nazionale, profondità abissale e follia storica.


Le cantina in realtà sarebbero tre, più un bunker per le rarità estreme. Sostanzialmente la cantina del ristorante, più pratica da gestire dai tanti sommelier che bella da visitare, rappresenta una sorta di cave du jour ricca di non sono neanche quante migliaia di referenze messe a disposizione sul pret à boire, a partire dalla tarda metà dell’altro secolo. Non quello scorso, ho scritto “l’altro”.


Baumanière nacque grazie all’uomo che visse due volte, Raymond Thulier, e poi proseguì nel suo viaggio glorioso sotto l’occhio vigile e lungimirante (di famiglia) del carismatico Jean André Charial, che oltre al ristorante e l’albergo si dedicò anche ad altro, compresa l’azienda vinicola Chateau Romanin, nei pressi di St.Remy de Provence.

Me neppure l’olio manca.


Nel 2005 affidò la cucina a un allievo di Ducasse e Thierry Marx, un giovane pachistano, Sylvestre Wahid, ed a suo fratello Jonathan, specializzato nella pasticceria. Oggi il gruppo Baumanière, tra le altre cose vanta anche altri due Relais & Chateaux: Le Cabro d’or (sempre qui a Les Baux) e Le Prieuré, vicino Avignone. Manco a dirlo, tutti e tre i Relais possiedono un ristorante stellato

Il custode della vostra auto nel parcheggio coperto...

Come si mangia oggi all'Oustau de Baumanière? Si mangia molto bene, sia sul lato coperto dai classici degli anni ’70 / ’80 di Thulier, ma forse anche di prima, perché questo posto non dimentichiamo che appartiene alla ristrettissima cerchia dei primi aderenti all’associazione Relais & Chateaux sull'asse Parigi - Costa Azzurra, e quindi stiamo parlando degli anni ’50. Del resto qui le tre stelle Michelin arrivarono nel 1954… ma se comincio ad allargarmi perdo il filo, che vorrei riprendere per un pezzo più completo per Reporter Gourmet.


Dicevo della cucina che non ha rinnegato la triglia al pomodoro e basilico e il cannone d’agnello in crosta, ma che grazie al duo di pachistani che reggono il timone, si è molto spostata verso toni speziati, anche molto speziati, per la gioia dei sommelier che possono divertirsi assai con gli abbinamenti. Quanto vale questa cucina? Vale tranquillamente le due stelle Michelin di oggi e i quattro cappelli Gault&Millau. E’ poco? E’ tanto?




Se ti piace la cucina speziata è anche poco, perché se dico: vale i massimi riscontri Regis Marcon? Certo, però se non ti piacciono i funghi è meglio che stai a casa. E qui, se non ti piacciono le speziature importanti, se non gradisci questa cucina, questi prezzi, questa magica atmosfera en plein air o tra le vecchie pietre, con a disposizione meravigliose camere, la grande piscina, la spa e con l’accesso alla più formidabile cantina di Francia… beh, se queste cose ti dicono poco non ci venire.


Erano più di sessanta i coperti occupati in una domenica sera di metà settembre, prima prendendo l’aperitivo in terrazza, e poi cenando tra le vecchie pietre di Baumanière, non rimpiangendo un conto medio che non potrà essere inferiore ai 250 euro, ma che potrebbe, in funzione di un'ultima cena sfondare ogni riferimento precedente.


E infine una citazione da Gault&Millau, dove curiosamente le spezie non sono state rimarcate: saranno piaciute molto o sono passate sotto il resto?


Les trompettes de la renommée résonnent de loin autour du Val d'Enfer. De Shanghaï ou de Los Angeles, on vient s'attabler dans ce temple d'une incroyable douceur de vivre au milieu des rochers tourmentés. Jean-André Charial connaît la mesure et la valeur de chaque moment pour ses convives, et son chef Sylvestre Wahid compose dans le juste tempo. Du provençal de luxe , du terroir apprêté, des classiques inaltérables, le tout appuyé sur une cave parmi les plus grandioses de France et un service d'une onctuosité remarquable et calculée


La Carta

Il torcione di foie gras con gelatina di fichi

Cannoncino friabile alla ricotta di pecora, la panna cotta alle zucchine e menta e in mezzo il primo delicato approccio alle spezie. Il viaggio sulla carovana d'Oriente è partito

La Carte des Vins

Luci soft, ma ce la caveremo in qualche modo...

La decina di tipologie di pane, manco a dirlo: impeccabili

Uno si capisce cos'è mentre con l'altro bisogna fidarsi. Sicuramente arriva da Meursault, dalla cantina del Domaine Comtes Lafon, ma l'annata la scopriremo in seguito, vedendone il colore e mettendoci il naso dentro. Intanto mi godo il Domaine de Chevalier 1982, di cui questa bottiglia conferma l'incredibile freschezza e l'infinità longevità


Il concentratissimo burro salato, che non si scioglie mai

Il granchio in abito di avocado, mela verde, ostrica Cote Bleu, insalata contemporanea e brodetto iodato e speziato...

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Le coscette di rana prezzemolate, i loro polpacci in brodetto di chorizo, crema di ceci speziata...

L'astice blu, la sua vellutata bisque,gnocchi di barbabietola rossa, jus de truffes... e spezie 


Il rombo con porcini, foglie di "sucrine", gamberi (écrevisses) di Camargue, intingolo speziato...

Il carrello dei formaggi con gli sfiatatoi. Una costosissima raffinatezza di Christofle...

Grandissimo anche questo

Non riusciamo ad individuare il cru. Probabilmente si tratta del Clos de la Barre. Quello in centro. Naso complesso quanto il colore. Acidità ancora evidente. Robusto e persistente si trova a suo agio con tutti i piatti di questo menù. L'annata è la 1989.

Essenza di fragole e meringa

Un dialogo costruttivo tra un limone ed un pompelmo

Finale esotico

Un vecchio Porto Vintage



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