martedì 21 gennaio 2014

Suite



- del Guardiano del Faro -

Avviso ai naviganti: questo post è fuori dallo standard delle 4000-5000 battute (saranno 9000)
Inoltre è fuori tempo (2008-2010) ed è anche fuori sincrono e non del tutto inedito.


Ma guarda che sorpresa, stavo ripulendo la macchina da mille cianfrusaglie prima di portarla a fare un lifting dal carrozziere e in una tasca laterale ritrovo questa pesante chiave di camera d’albergo. Cose che capitano, dimenticanze che si verificano al mattino e che sono accadute a tutti coloro che viaggiano e che magari hanno riposato poco o male, e che quindi non sono stati molto attenti alla procedura mattutina: sveglia, doccia, barba, colazione, valigia, conto alla reception e restituzione della chiave. Quest’ultimo passaggio a volte non avviene per mancanza di lucidità mentale, perché la mente produce già pensieri che corrono verso gli appuntamenti della nuova giornata, dimenticandosi di farci vivere quel piccolo dettaglio che si chiama presente.

Ore 07.30 da una delle finestre della junior suite 204 di Villa Beccaris a Monforte d'Alba


Ormai queste pesanti chiavi sono state sostituite progressivamente da quelle brutte e anonime tessere di plastica, alcune con un chip stile carta di credito, altre con la banda laterale da codificare un minuto prima alla reception. In camera ti fanno comunque entrare, però il fascino della pesante chiave metallica bordata in gomma perché non sbatta sulla porta ha tutto un altro peso storico.

Intanto rispetto alle tessere magnetizzate ha il pregio di funzionare sempre, e poi se ti rimane nella tasca del cappotto, è vero che ti può fare un buco, ma se la ritrovi a distanza di oltre due anni come in questo caso,  questa chiave sarà ancora in grado di riaprirti la porta onirica di una notte speciale.

La limonaia da un'altra finestra della 204, 
petit suite da aprire e chiudere con tessera a microchip.


Una serata ed una notte che non saprei ancora oggi dire con certezza se sia avvenuta veramente oppure no. Realtà o astrale, in fondo che importa. Dalla Borgogna stavo salendo in solitario verso nord, verso la Germania, perché il giorno dopo mi aspettava quello che sarebbe stato e che rimane oggi uno dei miei primissimi pranzi di questa vita,  al sommo Arnsbourg, una cosa da quantificare con i tre quarti dopo il numero intero per capirci; insomma,  ma tante cose dovevano ancora avvenire prima, e siccome il sole del nord se ne era già andato giù da un pezzo era ora di trovare una soluzione interessante per giustificare il passaggio tra una notte e un giorno dopo, notte che non rimanesse però indenne da sogni.

Dentro la Limonaia, dove sono servite le prime colazioni


La scelta cadde puntando l’indice sulla mappa riepilogativa della Michelin direzione nord est. Sfogliavo la Rossa mentre guidavo in autostrada  verso la città di Nancy, anche se  un rigurgito di Pensiero-Sophie avrebbe potuto portarmi al di là della Manica durante la notte stessa, ma quella sarebbe stata realtà e non astrazione.

Quindi non fu Sophie ma Nancy, per la precisione il numero 9 de Rue Monseigneur Truillet, indirizzo della dimora storica del 16° secolo destinata ad ospitare l’Hotel D’Haussonville, non lontano dalla bellissima Piazza Stanislas. Di receptionist in receptionist: è la vita del viaggiatore immaginario.

Ore 08.30: zero gradi fuori, sorseggiando una spremuta d'arancio e poi un caffè. 
Ici comme à Nancy


L’ingresso defilato e poco visibile, l’insegna invisibile, il parcheggio poco agevole, la pioggia fine che si tramutò  verso le otto di sera in neve. Ma niente stress, quando viaggi solo non devi fare i conti con nessuno che ti stressa, devi solo pensare che tutto andrà bene, anzi splendidamente bene, come in un sogno compiuto.

Uno dei salotti di Villa Beccaris


Al ricevimento la ragazza mi apparì totalmente fuori contesto, molto alta, almeno per me che non lo sono, e anche molto abbronzata per i miei standard abituali invernali; anzi no, a osservarla meglio sopra la scollatura, quella non era pelle abbronzata ma ambra naturale su cui erano incastonati occhi chiarissimi, coperti a tratti da capelli lunghissimi del colore e dello splendore di un visone champagne. Lineamenti particolarmente definiti e nello stesso tempo addolciti, come in una fusione di algidità scandinava smussata da un non so che di orientale. Lo stesso bancone del ricevimento profumava di spezie e di incensi.


Il bar di Villa Beccaris, dove sono le decine di etichette di Barolo a dominare la scena invece dei distillati e dei liquori. Il proprietario infatti è stato in passato l'enologo di alcuni grandi produttori di queste parti prima di cambiare attività: l'albergatore, il ristoratore, ed il consulente per l'Italia di uno dei due fondi d'investimento internazionali che comprano i migliori vini da investimento del mondo. Un bancone che sa di profondo Piemonte.


Non fu semplice raggiungere la petit suite Khartoum, collocata nell’alta torre dell'antico palazzo e raggiungibile solo tramite la pluri-centenaria scala circolare: cosa fai in questi casi?

La valigia te la porti, questo è chiaro; lasciargli in mano la valigetta del pc? Quello si, almeno si sente meno in imbarazzo che non salendo le scale davanti a me con in mano la sola chiave Khartoum.

“Chargée d’histoire et de mystère, l’escalier de la Tour Carrée conduit aux étages avec un détour indispensable par les balcons…”  E si, si passa anche dai balconi, dentro al freddo del nord Europa.  Ma eventualmente … “Et la plus haut perchée, mais aussi la plus insolite, la suite Nairobi réjouira les amoureux de découverte et d’aventure” …prendo nota, prendo fiato, salendo le scale senza sbuffare.

Faceva freddino li dentro alla Khartoum, c'era ormai parecchia neve depositata sulla strada, ma lei fece il possibile perché i caloriferi si mettessero in funzione velocemente, mentre fuori il freddo ed il vento spingevano altrettanto forte.

Pas de wi-fi per il p.c, muri troppo spessi o codice d’accesso troppo lungo, comunque non posso lavorare on-line con il computer o non ho voglia di farlo. Ho voglia di ridiscendere quelle anguste scale circolari e tornare quasi subito al piano basso dove l'avventura e le scoperte inizieranno a profilarsi nitidamente dentro ad una voluminosa sala interamente arredata con mobili, maschere e cimeli di origine africana .

La ragazza non può per ora farmi da guida dentro l'avventura nell'avventura, perché è impegnata al ricevimento con il proprietario che sta sbrigando le ultime cose prima di andarsene a casa da solo, mentre io, scocciato dall'attesa, me ne vado a cena nel locale a fianco, da solo.

Una buona tavola, Restaurant La Toq, due forchette Michelin ben spese in cucina e ben intese anche nel bicchiere, onorato di essere colmato dal Clos St’Hune di Trimbach, il mio riesling preferito, annata 2001;  però quel vino nordico già lo conoscevo, mentre invece la misteriosa curiosità esotica stava appena a due passi, nell'edificio a fianco.  L'avventuroso Jumanji non mi aveva ancora fatto paura, quindi perché esitare?

Maledizione alle sinapsi, ma il nome di quella pelle d’ambra proprio non me lo ricordo, però mi ricordo che era originale e affascinante, caldo e speziato, morbido e coinvolgente, come quel cadre pregno di mal d'Africa che mi circondava.

Un whisky scozzese in salone, non c’è più nessuno tranne lei, me lo versa il whisky, anzi, prima mi fa scegliere la bottiglia e la posa sul tavolino d’ebano e cristallo, poi si siede nella poltrona di velluto rosso, posta non di fronte, non di fianco, bensì in una posizione laterale distaccata ma nello stesso tempo confidenziale, cercando di interpretare bene il bivio di sguardi.

Peccato per la prima domanda, quale fosse il motivo della mia visita a Nancy. La banalità mi smonta. Avrei potuto affermare il mio sommo interesse per le opere art nouveau di Emile Gallé, enfant du pays, proprio in quella Nancy capitale alternativa a Parigi per la concezione di quel pensiero filosofico e la conseguente espressione culturale ed artistica.

Invece, ecco, io mi rendo conto di essere capace di infilare una bella serie di minchiate quando non è il caso, gaffeur professionista che se le è giocate sempre sul piano psicologico più che su quello fisico, fino allo sfinimento cerebrale altrui,  battuto solo da Sophie, senza riuscire ad imporre il mio gioco fino a far saltare il banco.

Invece qui (primavera 2008) mi metto a fare il serio, voilà Mon Cherie, sto collaborando al reperimento di materiale per una Guida gastronomica e ho rilevato colpevolmente che nel mio scalping mancano sole due tra tutte le Tre Stelle Michelin francesi assegnate fuori Parigi negli ultimi 30 anni, e siccome uno é L’Arnsbourg e l’altro è La Cote St. Jacques, nei due prossimi giorni vorrei colmare la lacuna e… bla bla bla e bla bla bla …  poso il pesante bicchiere di cristallo ancora una volta vuoto. Non ci potevo credere di aver infilato una così triste sequenza di inutilità auto referenzianti, e in così pochi secondi, per di più bevendo un Macallan del mio anno, pieno di me stesso.

Mi guarda ma si capisce che quell’argomento le interessa come le previsioni del tempo in inverno sui Vosgi;  cambiamo discorso Guardiano, che questa deve si far passare il tempo per finire il turno ma non annoiarsi. E’ francese, dice,  ma stranamente non lo parla molto bene. Si tira avanti verso mattina anche a gesti e recuperando humor e spirito a colpi di whisky e così viene fuori che i nomi esotici delle camere, Khartoum, Nairobi, Ispahan,  ecc… e gli arredi etnici sono frutto dei lunghi e prolungati viaggi del proprietario, così come gli arredi, così lontani da un qualsiasi vetro di Gallé.

Lei però garantisce che non c’entra niente con il proprietario...  mi si inarca un sopracciglio.  Lei è di padre nord africano e madre scandinava : il risultato è un cocktail più ubriacante di quel vecchio Macallan che ho nel bicchiere. C’è John Lee Hooker in sottofondo, c’è ancora qualche goccio di whisky da condividere, poi il vecchio pendolo batte un colpo singolo, il primo del giorno dopo e l’ultimo del giorno prima; e via,  tutto svanisce.

La mattina seguente avevo la sensazione di essere entrato dentro la parte di  Alberto Sordi  in quel film anni ’70 dove guidava la sua Maserati disperso tra colli e valici Trentini, senza meta, perduta la strada maestra definitivamente ad un bivio interpretato male. Poi il sollievo nell’immagine di quel vecchio albergo, il vecchio borgo, l’ingresso e gli arredi degni di un castello, dove la splendida governante si prese cura di tutto, ma come in lungo momento onirico senza sbocco, come mangiando pernici e bevendo Brunello di Montalcino Biondi e Santi.

Lui la mattina dopo aveva le idee molto confuse su cosa fosse veramente accaduto la sera prima e in quella notte stessa tra la fiandra delle tovaglie, quella delle lenzuola, leggiadre cameriere e tenere pernici. Sarà stato un sogno o era veramente successo ? Ma poi , CHE cosa era successo ?

Lui non lo saprà mai, il suo film finirà,   e in più pagherà un costoso conto la mattina dopo. Io ho pagato un conto relativo alla petit suite Khartoum e nient’altro, ma non ho mai avuto le idee chiare su quella serata, solo un vago fastidio al momento dell’arrivo del portiere di notte, null’altro nei giorni successivi nei miei pensieri,  ma adesso che ho ritrovato la chiave della piccola suite Khartoum so che fu tutto vero, ma cosa?


ALBA scrive:
Non te l’ha data, è chiaro. Non ci hai provato, ancora più chiaro. Ti piacciono le donne che sanno gestire il momento e prendere l’iniziativa, è possibile. Sei un gentiluomo, non ci sono dubbi. Ci saranno altre receptionist nella tua vita caro 007 al servizio di Sua Maestà la Vita ma nessuna potrà accomodarsi con te come lo ha fatto lei in quel modo, lasciandoti un sogno da ripetere all’infinito semplicemente prendendo in mano quella chiave.

gdf : Gennaio 2014.

Non era la Borgogna, non era Nancy, non era una pesante chiave ma una tessera magnetica, non era un Clos St.Hune ma un Riesling di Vajra, non era un Cote de Nuits di Madame Leroy o un Brunello di Montalcino ma un Barbaresco di Gaia Gaja. E non era neppure un vecchio Macallan ma troppa Sambuca.

Non c'era neppure la giovane francese dai toni maghrebini e dai lineamenti scandinavi al ricevimento, né la sera, né al mattino, solo Pio Pietro Pitazlis di Reporter Gourmet che mi dice: Roberto, dormito bene?

Villa Beccaris, un albergo da sogno



gdf sunrise


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