sabato 28 febbraio 2015

Raffreddore


gdf

E' un peirodo di dilsessia da ttarsiera, ma anhce di incompreisnoi su agronemti arpaepetmente pviri di stotintesi. Palro, ma non mi capsinoco, sricvo, ma me ne fraindentono il sesno; sto ztito, ma arlola mi chienodo cos'ho. Ho il radfrefdore velrbale e sofrfo di dilsessia alla ttarsiera

Chiedo al bar se hanno qualche cosa contro il raffreddore. Mi rispondono di si, ci sarebbe un Negroni dice il barman. Bene, questo ha capito. Entro in farmacia e chiedo se hanno qualche cosa contro il raffreddore ma il dottore mi risponde di no, non ha nulla contro il raffreddore, anzi, dice che lui ci campa sopra.

"Sneocdo uno sdtiuo dlel'untisverià di Cadmbrige, non irmptoa cmoe snoo sctrite le plaroe, tutte le letetre posnsoo esesre al pstoo sbgalaito, è ipmtortane sloo che la prmia e l'umltia lettrea saino al ptoso gtsiuo, il rteso non ctona. Il cerlvelo è comquune semrpe in gdrao di decraifre tttuo qtueso coas, pcherè non lgege ongi silngoa ltetrea, ma lgege lapalroa nel suo insmiee... vstio che hai cpaito? "

Asdeso mi stneo mgleio 

venerdì 27 febbraio 2015

Aoc Champagne “Origin’Elle” Brut s.a. Françoise Bedel & Fils



A Crouttes sur Marne - Vallata della Marna, a metà strada tra Epernay e Parigi, molto ai margini della Champagne – c’è questa piccola e giovane maison di propriétaire récoltant-manipulant, da tre generazioni. Dopo un percorso iniziato nel 1998, l’azienda è certificata biodinamica dal 2006, tutti i vini fanno non meno di 4 anni sur lattes, con dégorgement et remouage à la main.

A queste latitudini c’è tanto, tantissimo Pinot Meunier, spesso e volentieri usato come vitigno da taglio e, per farla breve, dei tre principali vitigni, il parente povero, quello che fa il lavoro sporco, tra molti cazziatoni e pochi onori.

Ancorchè ultimamente vi sia più attenzione e considerazione verso questo vitigno, fare vino di qualità con questa materia – dalle mie parti si dice “…voler estrarre il sangue da una rapa” – non è affatto semplice e servono impegno, lavoro e passione in dosi massicce. Doti di cui non difetta "La Dame" Françoise, ben assistita dal figlio Vincent.

La boccia di oggi – sboccatura aprile 2012 - esprime, principalmente, la vendemmia 2007 e vede dominare, ovviamente, il Pinot Meunier per l’80% con lo Chardonnay e il Pinot Nero che si dividono, in parti uguali, la restante posta.

Oro che luccica nel vetro, di effervescenza fine e continua.
I profumi, eleganti e intensi, imboccano subito la strada della frutta mediterranea, tanto quella secca, quanto quella matura. Si attacca con il melone, la pesca e l’albicocca, l’arancia e il pompelmo rosa, per concludere con tocchi di dattero e mandorla, non prima di aver rimarcato quanto questo cesello si basi su una solida trama gessosa.

L’assaggio è improntato, in primis, ad un inflessibile equilibrio tra potenza e freschezza, e alla puntuale conferma degli aromi individuati nel tratteggio olfattivo, con una convincente fusione tra note agrumate, anche confit, e l’impianto gessoso.
Sorso ampio e scattante, profondo e di ricca personalità aromatica, con richiami finali a mandarino e  albicocca essiccati.


Chapeau-bas, Madame.

giovedì 26 febbraio 2015

Top Italian Sparkling Wine : Annamaria Clementi 2005 Ca' del Bosco


di Fabrizio Nobili

Il Franciacorta Riserva in questione è il vino di punta dell'azienda leader della Docg. Viene considerato dalla critica specializzata come la migliore bollicina prodotta nel Belpaese. Per raggiungere tale risultato è necessario un forte impegno e passione nonché grandi capacità e sostanziosi investimenti finanziari.


Risultati che in Ca' del Bosco sono riusciti a raggiungere, grazie al patron Maurizio Zanella da sempre convinto nel territorio e con l'obiettivo di raggiungere grandi risultati qualitativi con la sua produzione.

Il vino ha un colore giallo paglierino scarico brillante, le bollicine fini sinuose ed eleganti risalgono in superficie come una sfilata in passerella. L'attacco dei profumi parte con note tostate di leggero caffè e nocciole che lasciano a sensazioni di lieviti, bergamotto e fiori gialli l'equilibrio olfattivo e complesso. Le papille gustative sono sollecitate più dall'acidità che dalla carbonica, una sensazione leggermente amara che non infastidisce ed una persistenza media non contrastano con l'eleganza complessiva alla deglutizione.

Lo stile di vinificazione, la fermentazione malolattica in botti di rovere ed i 7 anni sui lieviti dal soutirage al dégorgement permettono a Ca' del Bosco di ottenere un ottimo prodotto, se solo si avesse a disposizione un terroir grand cru come in Champagne queste bollicine sarebbero nel firmamento a livello mondiale.

F.N.

mercoledì 25 febbraio 2015

SMOKE GETS IN YOUR EYES



Marco 50&50

No smoking.
Appurato che non stiamo parlando di un abito da sera a fascia alta, né del terzo album di Sergio Caputo, anche se in sottofondo si sentono le note di “Hemingway Caffè Latino”, e che nei locali vige il divieto di fumo possiamo procedere.
Cari ristoratori di fascia media e medio bassa, visto il divieto, evitate di mandarci fumo negli occhi proponendoci o propinandoci un caffè di fascia bassa accompagnato o camuffato da piccola pasticceria di bassa gamma.
Non crediate di aver avuto l’autorizzazione ad alzare il costo del liquido corroborante quasi fosse oro nero, sentendovi giustificati dal fatto di averci offerto un misero piattino di tristi biscottini.
Quando il costo del caffè, supera l’asticella della simbolica moneta limite da euro tre, se il caffè è una ciofeca e la piccola pasticceria non invoglia, non ci state offrendo nulla e, anche se non lo sapete, vi state facendo del male.
Oltre ai locali di fascia alta di cui sopra, vorrei escludere da queste considerazioni i bravi ristoratori che senza aumentare eccessivamente il ricarico, a fine serata, propositivi, volonterosi ed accorti, ci fanno trovare accanto alla tazzina un “dolcino” di nicchia, scaturito dalla loro testa pensante.
Quindi mi rivolgo a voi, che avete il locale mezzo pieno, ma in questo caso è meglio dire mezzo vuoto, e non provate a chiedervi quali siano le ragioni di fondo che non vi consentono di riempire anche l’altro cinquanta.
Beh, in piccola percentuale, se la piccola pasticceria è percepita dal cliente come un modo per essere raggirato, il cattivo caffè di fine pasto che frequenta cattive compagnie incide.
Il periodo è difficile, lo capisco, c’è la necessità di far cassa, lo capisco, con un paio di bottiglie d’acqua pagate il conto della lavanderia, lo capisco, ma il periodo è difficile per tutti, perché strafare, un imprenditore deve guadagnare ma soprattutto costruire, costruire qualcosa di solido, evidente eppure non tangibile,  la credibilità.
Siamo partiti dal fondo, sperando di non toccarlo, dalla piccola pasticceria, ma il discorso vale dal benvenuto che ci riservate a parole e sorrisi di dubbia credibilità al benvenuto della cucina che da noi clienti, leggermente più attenti, viene percepito spesso per quello che è, qualcosa che sentite di dover fare perché altri lo fanno, un dovere col fiocco sgualcito del pacco regalo.
No grazie.
Acquistate tagli di carne e pesci di qualità ma che non abbiano prezzi proibitivi, lavorateli, spadellateli, estraetene il meglio, usate frutta e verdura di stagione, cercate un formaggio buono di un piccolo produttore, pensate ad un assaggio, anzi ad un mini assaggio di un creme caramel servito in piccoli contenitori di ceramica, pensate ad un cioccolatino che si faccia ricordare, ad un morso di zuppa inglese, finiamola con quelle tristi ed insulse meringhette, lo capisco che se usate i tuorli, vi avanza l’albume, questo sarebbe ottimizzare, ma il problema è che i tagliolini dichiarati a trenta tuorli sono un falso in bilancio e sulla bilancia.

Tenersi stretti i vecchi clienti è molto più semplice e redditizio che “cercarne” di nuovi, e se il nuovo cliente preferisce il pesce fresco…l’armonia, come i titoli di borsa, scende in un attimo e per risalire, hai voglia a prendere il toro per le corna…

Quindi, cari ristoratori, pensate ad una fragola a fine pasto, abbinatela, siete chef, pensate ad una ciliegina senza torta, col tempo, lavorando con Costanza in cucina e Armonia in sala  potrebbe verificarsi una cosa inaspettata, che, a poco a poco, come con le ciliegie, un cliente tiri l’altro e se dovesse entrare in sala una donna come questa che vi chiede di accendere, accontentatela e accendete le vostre padelle.



M 50&50

martedì 24 febbraio 2015

Kinky



del Guardiano del Faro

Chi l'abbia così chiamato non lo conosco. Chi mi ha riferito il suo nome in uso per gli umani -l'user name- è un umano che come molti altri gli porta dei croccantini su per la ripida salita presidiata da Kinky.

Lontano dai frammenti dei dipinti degli impressionisti, per kinky i croccantini son cose che salgono dalla discesa e gli risolvono una giornata pigra, che comunque in discesa sarebbe, ruffiano ed accondiscendente con chiunque non sia carente di affetto e di una mano carezzevole.

Indossa la pelliccia invernale in questo periodo, morbida come in Kashmir, quindi poco, ma la fioritura delle mimose invita il suo istinto a liberarsene con anticipo.

Ho lasciato il sole picchiare forte sul mio viso, lui fa lu stesso, per assorbirne il calore. Ho lasciato penetrare l'energia fredda delle stelle nella notte del faro, lui anche. Chi è il gatto?

Rischia poco Kinky in quella posizione strategica al 22 % di pendenza stradale, dove i limoni che cascano maturi e precoci non danno il tempo a nessuno che non abbia avuto il coraggio di rubarli all'albero, o che sia stato così rapido da raccoglierli sul ripido finchè non verranno schiacciati da una auto sulla statale.

Rischia poco Kinky pur se piazzato abbastanza vicino all'uscita di una scuola elementare, dove umani di piccola taglia dalle menti molti elementari non esiterebbero a tiragli la coda e a maltrattarlo per andare incontro ai propri ormoni in crescita e alla proprie energie ancora da esplorare, sfruttando i loro corti arti per quadri astratti.

Kinky è piccolino, ma ne sa già abbastanza per alzare un occhio se è il caso, se scendere dal muretto assolato quando chi arriva ha un buon odore nel sacchetto, se no si prende il sole fino al tramonto invernale, orizzontale, piallato sul muretto. La pendenza della strada che ha scelto lo salva dal vento, dal freddo, dalla pioggia. In ultimo, dietro ad ogni possibilità terrena si tiene alle spalle una chiesa sconsacrata dove secondo me si rifugia a dispetto di ogni religione.

Cresciuto -poco- sotto la dottrina degli omogeneizzati per gatti e croccantini buoni anche per adescare i topi, kinky va in difficoltà quando vorrei condividere con lui una fetta di prosciutto o di un salame buono. Buono per me, che gli porto roba che non finisco solo per risparmiarmi il senso di colpa sull'etto finito.

Corre felice con la coda alta e dritta verso il basso, ma io gli chiedo con gli occhi dieci in metri al contrario, in salita. Lo fa, con il passo del gatto scazzo,  però, poi quando vede cosa c'è dentro dentro il pacchetto dubita: oltre ad essere gatto è anche ligure.

Mi guarda, poi guarda le fette, le annusa, si ritrae, come dire, belìn che gusti da camallo che hai, poi si riprende e lecca. Lecca le fette di prosciutto o di salame invece di attaccarle con decisione, con denti e artigli. Le unghie le riserva per i miei jeans, per dimostrare che sa suonare il piano a quattro mani, e anche fare ron ron a volte, retaggio di vero gatto.

Ma con insaccati diversi dai miei jeans, lecca e fa fatica a mangiare, cucciolo infinito, mai cresciuto, figlio di una generazione di omogeneizzati e di crocchette.

Non sa che cosa sia una fetta di salame cotto piemontese con una speziatura importante. L'ho deluso di nuovo, la prossima volta che salirò la sua ripida strada probabilmente resterà a dormir con un occhio chiuso, curandomi solo sperando mi sia modernizzato ed adeguato a quella che è l'alimentazione di un gatto contemporaneo, pur vivente in regime di semi libertà.

Di notte invece, con tutti e due gli occhi ben aperti e settati nella modalità scarsa luce, quella regalata dai rari lampioni, partirà comunque seguendo il suo istinto, andando a trafiggere lucertole e topini, lasciandoli poi li, morti davanti ai suoi zerbini di riferimento, senza sapere perché l'ha fatto, e senza possedere gli strumenti per mangiarli, aspettando che qualcuno apra la porta, o che salga dal ripido pendio e glieli venga a trasformare in una mousse, in polpettine o  in crocchette da leccare. 

gdf

lunedì 23 febbraio 2015

Robebuone


Marco 50&50



Se siete soliti peccare di gola, il borgo medievale di Oreno potrebbe fare al caso vostro.
Lasciate la macchina dove preferite, senza problemi di parcheggio…  



…poi fate due passi fino all’antico convento dei Frati Cappuccini e pentitevi.




 Adesso, senza esagerare, potete ricominciare a peccare, nel centro del borgo l’Osteria Robebuone,  tuttoattaccato, potrebbe indurre in tentazione soprattutto gli appassionati di salumi&formaggi, accompagnati, volendo, da composte, confetture, miele, gelatine, mostarde ma soprattutto da uno gnocco fritto davvero notevole…



…così come la porzione (singola nella foto) di crudo di Parma, proposto nella versione più, o meno stagionato.


In carta è possibile trovare anche qualche antipasto, un paio di varianti di gnocchi ( preparati con la patata dop di Oreno, regina dell’omonima sagra già documentata dall’armadillo dalla c aspirata) e qualche dolce. Noi ci siamo lasciati tentare da una sapida porzione di gnocchi con luganega monzese, pomodoro e quartirolo lombardo che aveva un suo perché non ne ho preso un piatto anch’io…




Il Bonarda frizzante&DOC di Bronis, dell’Oltrepò Pavese, croatina novanta, uva rara dieci, non avendo pretese, si è trovato a proprio agio con lo gnocco nelle due versioni fritto e spadellato, mentre ha avuto qualche problema d’incomprensione con il mio piatto di mozzarella di bufala campana, ma, come nella canzone, era già tutto previsto, quindi me ne sono fatto una ragione.



Quello che doveva essere uno spuntino stava pian piano assumendo il contorno di una cena, l’aver rinunciato al contorno, al culatello, alla burrata, ad una boccia di bollicine francesi dalla persistenza lunga e a bolle italiane dalla Franciacorta, mi ha consentito di ordinare, senza timore di peccare eccessivamente, una porzione di cantucci al cioccolato imbevuti nel caffè con spuma al mascarpone che, devo dire, mi ha tirato su.



Un discreto e volonteroso servizio da caffè ha preceduto il conto che, onestamente, era solo poco più alto dell’importo necessario all’acquisto di crudo e bufala di livello da un qualsiasi salumiere di fiducia, quindi, non appena avrò qualche altro peccato da espiare, un salto ce lo rifaccio, di Robebuone da provare ce ne sono e l’atmosfera nel convento è davvero splendida.




M 50&50

sabato 21 febbraio 2015

Il raglio dell'Asino


gdf 7 minuti

Una lunga vacanza, uno stage importante, un ritorno per alcuni immaginato come improbabile, e invece rieccolo tornato nella Riviera dei Fuori Giorgio l'Asino, luogo da cui nessuno ti manda via, ma dove sono diversi e risonanti quelli ad esserne partiti. Via, uno dopo l'altro negli anni del web: da Taglienti, Viglietti, Zunino e ... e a breve anche altri. L'esodo degli incompresi continua. Peccato Lopriore non sia ligure, o forse lo è senza saperlo. 

Sono sempre i migliori che se ne vanno? Intanto questo resta, e se sono pochi quelli che restano, per chi resta questo spazio angusto inevitabilmente si allargherà, e la sua voglia di fare e di incidere su un campo più aperto aumenterà. Praterie inesplorate davanti ? Non esageriamo, intanto la piana di Albenga.

Un lungo viaggio, un ritorno condizionato da un fuso orario notevole e da ricordi piccanti. Anch'io fuso, ma da un malessere che va oltre la voglia del combatterlo con un passato comune, di verdura oggi, e di esperienze scottanti domani: raffreddori, bronchiti, febbri; tutto sicuramente dovuto all'incubo che mi afligge, quelle lunghe ore visualizzate stanotte, in attesa, sudando a freddo, per dimostrare quanto sarei stato bravo e paziente febbricitante una domenica mattina al Milan's East End Studios con un numeretto appiccicato al giubbino di renna e un piatto freddo in mano, in attesa di essere macellato dopo ore di attesa. Tanto per tanto fatemi fuori qui, sotto casa. 

Dura andarsene dalla Liguria, mi/ci dovrete prendere con la forza, o per estrema necessità, quindi ancora al combattimento, alla guerra pacifica delle idee e delle buone intenzioni, sane e buone come le verdure e il pesce. Lui sotto il segno dell'Asino, io sotto quello del Leone, ma con la bronchite i suoni si somigliano: il ruggito mi resta nella corde.

Cosa resta da prendere? Tanta sana verdura e legumi per curarmi, a cui il frullatore non fa sempre bene, come al mio colon, pronto alla lotta ma ridotto al compromesso, in attesa di trattare la resa e della presa del bottino, quest'ultimo, l'unica cosa certa, essendo inesistente.

"Peperoncino di mare"
Tartare di gambero rosa glassato al peperoncino dolce e  forte, salsa di cima di rapa


"Caramella farcita di fegato grasso"
Una carta di mango e cipolla bruciata, neve di cipolla e torcione di foie gras

Insalata invernale in crema tiepida di topinambour, aceto di lamponi e corteccia

Palamita, finocchio e liquirizia, tapioca e gel di palamita
Piatto servito in All Star rosa e candidato a miglior piatto buliccio del 2015

Verace e maschio polpo alla brace, fagioli di Conio, cipollotto brasato, le sue radici fritte

Cremoso e consistente di carciofi spinosi, sotto una terra di altre terre vegetali
Ottimo : candidato a piatto vegan dell'anno

Linguine, ricci e caffè : boom!

Maialino laccato, purè di patate, funghi, riduzione esasperata e piccoli scogli di Giamaica

Torniamo a casa
La ricotta del casaro della piana di Albenga con canditi di chinotto e ...


gdf

venerdì 20 febbraio 2015

Aoc Champagne Blanc de Blancs “Les Chétillons” 2000 Pierre Peters



Prima di entrare nel dettaglio di questo flacone, inquadro un attimo il cru, il cui significato circoscrivo prima e blindo poi, al fine di evitare che qualche malcapitato/distratto/saccente/parruccone/erudito incappi, incautamente, da queste parti e impartisca lezioni off topic, a un tanto al kilo, di geografia, piuttosto che di storia, piuttosto che di trigonometria, etc.
Filippiche che, per altro, risultano utili quanto un porcaro davanti alla kaaba della Mecca.
Presumevo, sbagliandomi, che varcate le sogli(ol)e del terzo millennio alcuni paletti fossero ben piantati nella zucca di tutti. Ribadisco, qui si bada al so(li)do, cioè al liquido.
Punto, punto e virgola, due punti (cit.).

“Les Chetillons” altro non è che un lieu-dit di Mesnil sur Oger – il nome non si presta, in alcun modo, nè ad altri riferimenti, nè ad altri significati - all’interno del quale la famiglia Peters possiede tre parcelle di vigne, di oltre 45 anni, che vinifica separatamente.
Lo stile maison è quello di lasciar parlare il terroir che, nel caso di specie, non solo parla, canta addirittura, scalando ottave di bella.

La mia sostava in cantina da 4 anni, ergo un tempo ragionevole per permettere, se del caso, ad un millesimo, generalmente non radioso, di riscattarsi in vetro.
Adesso è oro sfavillante, con perlage finissimo, rettilineo, assiduo.
Al naso c’è qualche lieve traccia terziarizzata che, nel volgere di un quarto d’ora, si disperde non appena il vino inizia ad aprirsi e distendersi.
Intensità e complessità, introdotte da note burrose, speziate e mandorlate, che si sostanziano attraverso una impressionante gessosità – purissima e cremosa – che detta i tempi di avvicendamento ora al muschio, ora al fungo e tartufo, poi ostrica, pera e agrumi confit.

Il palato emoziona per freschezza, ricchezza e potenza. Agile e verticalissimo, ma spalleggiato da materia e struttura proprie della bacca nera. L’apoteosi della mineralità di Mesnil, qui ancora in fase ascendente – ore dieci emmezzo, undici menounquarto – finemente cesellata da texture di fascino, la quale alterna, sapientemente, profondità marine – ostriche e conchiglie – a lucidi tocchi di sottobosco e champignon, scorza di arancia caramellata a miele e cannella.
Interminabile, profondo, largo, alto, basso, di qua, di là, come vi pare, su insistenti e dense consistenze gessate, tatuate di radice di liquirizia.
Con tartare di sugarello e ombrina al sale, sorsi, a tratti anche cerebrali, indimenticabili.


mercoledì 18 febbraio 2015

Rosso di Mazara



Marco 50&50

Oggi vorrei togliermi uno sfizio e sfrecciare nel vento col Duetto, ma diluvia.
Indelicato & inopportuno proporle un triangolo, un quadrato mi sembra troppo prevedibile, così chiamo quel ristorante tanto osannato e chiedo se posso passare per un rombo, mi dicono che sono spiacenti, si sono votati al sushi, sa com'è, dobbiamo seguire la moda...
Allora fate la cresta anche sul conto, rispondo, li saluto e penso a come togliermelo, lo sfizio, poi mi decido e lo chiamo.
Il siciliano mi dice di raggiungerlo e con aria da cospiratore mi propone una sua giovane conterranea, fresca e spumeggiante, e che non me ne pentirò.
Non sono abituato a pagarle, gli dico, poi mi lascio convincere, "questa ti farà uscire di testa" non te ne pentirai, mi dice, aspetta, vi metto in una saletta appartata.
Quando gli chiedo quanto tempo ho, mi guarda con un mezzo sorriso, scuote la testa e se ne va.



La saletta appartata


Dettagli significativi, attenzione alle attenzioni, comunque lo leggiate


Donna Concetta, la siciliana fresca&spumeggiante si rivela scelta azzeccata a tutto pasto, a cena e dopo cena.
Milazzo Classico, Dosage Zero, da uve Insolia Rosa e Chardonnay…


… dotato di tappo in sughero rivestito in silicone nella zona di contatto.



Olio ragusano e fior di sale di Mozia...



…e poi pizzette, focaccine, stuzzicanti crostini serviti a più riprese senza dover aspettare il gong.
Pane bianco e ai cereali a lievitazione naturale, autoprodotto quotidianamente, con farine di grano duro siciliano macinate a pietra




La cucina ci tende la mano ed un piatto di benvenuto, Baccalà cotto a vapore, crema di zucca leggermente piccante con germogli di porro e briciole di pane cunzato, la palla si insacca nel sette, strepitoso tiro dal limite dell'area della cucina, rimaniamo senza parole, come baccalà, come la curva che ammutolisce, anche per rispetto, dopo un euro goal



Cotto e crudo di Rosso di Mazara,  passatina di cece nero bio e olio Tutta Tonda.



Sperando di limitare le frodi alimentari e di evitare che ci venga somministrato il gambero rosso del Mozambico, il Rosso di Mazara è Certificato.
Rari i ceppi di cece nero in Italia, questo casualmente, ma nulla è per caso, arriva proprio dall'Azienda Agricola Podere Pereto di Rapolano Terme, il mio cinquanta toscano.
Buonissimo&centrato, Legumi&Crostacei, certo, non si inventa nulla, la differenza, ABISSALE, la possono fare tecnica e materia prima, davvero una favola...c'era una volta un cuoco siciliano, un giorno al mercato nella sua borsa a rete finirono dei Rossi di Mazara...



Arancino di riso farcito con ragù di cernia alla ghiotta e salsa al caciocavallo ragusano, la tradizione nella testa, la testa che pensa, cerca e trova la quadratura dell'arancino.




Pasta con le sarde
Ricetta tradizionale alleggerita ma non penalizzata, tutt'altro, eliminato il soffritto, il finocchietto selvatico viene bollito e poi frullato per diventare una sorta di pesto, e poi, arance e bergamotto canditi, pinoli, uvetta sultanina, quella piccolissima che arriva dalla Sicilia dalla madre dello chef, chef che completa il piatto, di chiara impronta personale e siciliana, con sarde crude marinate con colatura di alici e mollica tostata in forno.


Spaghetti risottati con cozze, ricotta e pistacchio, visto che oggi mi sono fatto mancare il risotto...cozze tarantine, pennellate di Trinacria.


Sarago, seppia e mazzancolla alla carbonella, patata e carciofo "à viddanedda", niente alchimie, Roberto Pirelli me l'ha ribadito, sono un cuoco e voglio usare la padella e se dentro alla padella ci troviamo un pesce di qualità uno più uno fa due minuti per aggredire il piatto è finirlo. 


Cotoletta di pesce spada alla palermitana insalata di agrumi, finocchi, capperi di salina e cipolla in agrodolce, sulla carta un buon piatto e visto che è in carta da un bel po' non solo sulla carta.


Il tradizionale, ma non convenzionale, cannolo siciliano


Mousse di yogurt ai fiori di sambuco con fragole e sbrisolona


Il servizio del caffè, quindici zero

Tutto il pescato proposto è di mare aperto, come il sorriso di Paola&Roberto la bella coppia che, a Carate Brianza, gestisce il Ristorante Ritrovo.
Sequenza di portate accattivante e scacciapensieri così come il sottofondo musicale, anch'esso di impronta "sicula" che affida il difficile compito di tenere il ritmo alla batteria da cucina che si dimostrerà all'altezza del compito.
Più che il suono della grancassa o del rullante, ai quali è stata messa la sordina, lo chef spadella suonando i charleston, o piatti che dir si voglia,  musicalità, brio, tradizione popolare per un arrangiamento coinvolgente e moderno.
Dopo svariate visite più o meno ravvicinate negli anni, una considerazione, la cucina ha tolto qualcosa per mostrarsi più lineare e pulita, meno ingredienti, in perfetto equilibrio, scelte dello chef  in levare, io ci metterei la firma, ce la metto.

M 50&50