giovedì 27 ottobre 2016

Due cappelli e due forchette nel parco


-gdf-



Sono tornato su in Villa dopo l'estate con -stavolta- le famose alte aspettative, perché adesso le cose sono cambiate, così come le prospettive. Ci ero stato un paio di volte proprio all'inizio di questa avventura di Giorgio Servetto al Nove di Villa della Pergola, una sorta di doppio numero zero, che essendo tale poteva anche non essere realistico, ancora infarinato.

Quando ci siamo conosciuti, giusto tre anni fa, il suo nome non era ancora associabile ad un ristorante di successo e soprattutto ancora ignorato (nel settembre 2013) dalle Guide,probabilmente anche da quelle telefoniche ... so che con Giorgio mi posso permettere di scherzare :-) Toh! Anche il Gambero Rosso ha riscoperto Alassio. Non gliele dai due forchette a King Georges?

La crescita impetuosa e costante, focalizzando dapprima la pienezza dei gusti, trasformata poi in maniacale ricerca della perfezione estetica. A fianco di ciò -perché non basta saper fare ottimi piatti- le buone maniere e le buone relazioni che questo vecchio ragazzo è riuscito a stabilire in un mondo dove se fai una mossa sbagliata sei fuori dal giro. Non basta la potenza comunicativa od economica in questo mondo.

Ora i temi e i punti si sono congiunti ed espressi in maniera assai convincente, precisa ed armoniosa, partendo sempre da materie prima del territorio, studiando la tradizione prima di portarla in tavola in abito da gran serata.

Adesso tocca alla Michelin, che però molto raramente è così veloce da correre dietro ad una novità così fresca. Comunque, avessero fretta sarebbe una XL.

Intanto questa sequenza di piatti, assolutamente convincenti, dessert a parte, che si, hanno meno zucchero rispetto all'inizio, ma anche meno sapore.

E' bello sapere che c'è ancora tanto da fare. L'entusiasmo così non cala come neppure l'adrenalina. Due cappelli oggi sono considerati da alcuni una beffa e da altri tanta roba. Ma in ogni caso, più di uno per volta non te lo puoi mettere in testa in cucina.


Si sta festeggiando in Villa. Un bicchiere di Perriet Jouet arriva anche a me al tavolo. Merci!


Stavolta però niente carta bianca. Scelgo io. I ruoli sono cambiati.


E bravo il Trentani ( Mattia, è il maitre Sommelier), ma soprattutto miglior imitatore dell'Angelo Valazza del Sorriso. Qui, ha scovato all'Enoteca Tre Archi di Oleggio una perla di Niellon annata 2005. Parte chiuso, si apre e tira fuori l'anima di un terroir che va oltre la denominazione "village". Crema inglese e tartufo, insieme a note tostate e dolcezza di fondo data dall'annata

La passatina di piselli con cozze ed aria di mare, ricavata appunto dalle stesse cozze.

Bello, rotondo, morbido, territoriale

Cucu? Cosa ci sarà sotto al ciuffo di maionese all'erba cipollina?

Un Rocher di sanguinaccio e rape bianche. Cose da uomini veri. Coraggioso e riuscito.

Comparto pane (due), di livello pregevole. " Cracker" da devozione e inchino

Bel colpo King Georges

Quando vedi una immagine, una foto, anche se l'hai scattata con un obiettivo Nikkor ormai tramortito e non ti sei segnato nulla, nessun appunto, quel che resta in mente è importante. Qui ci sono due acciughe marinate in Paradiso, uno "scabeccio" di brunoise di verdure coloratissime, una maionese al pomodoro e del cipollotto, con una sensazione di gelatina di carpione innaturale. L'acciuga sale dal purgatorio in Paradiso.

E ancora, una concentratissima crema di porcini, granella di nocciola, porcini fritti, finferli e trombette dei morti, tutte muffe nobili cotte diversamente, tartufo nero (questo pure sarebbe meglio cotto), in un insieme che giustamente si chiama Sottobosco. Sottomesso al Sottobosco


E' la gricia omaggio ad Amatrice. 20 euro da donare con piacere: ma anche stasera la terra trema.

Glassatura di guanciale amorevole.

I risotti in Liguria cominciano a progredire, grazie agli immigrati da Piemonte e Lombardia. Qui va bene la cottura, va bene la riduzione di Madeira, ma la mantecatura con Parmigiano 24 mesi non "lega" abbastanza e le animelle rimangono un po' troppo "pallide".

Gran piatto di pernice, petto e coscia, ci prendiamo tutto noi uomini veri. Resta da stabilire quali dei molti ortaggi siano quelli indispensabili a rifinire un piatto di alta cucina, e quale forma dargli.


Magari non straordinario per chi viene da lontano, magari (anzi sicuramente), non filologicamente accettabile dai tradizionalisti del luogo. Resta commovente l'impegno per realizzare una cosa che si chiama "Capra e Fagioli". Ripeto, capra e fagioli e non gamberi e foie gras.  Capra e fagioli, piatto simbolo dell'entroterra imperiese. Hai voglia a farlo raffinato.


Pre dessert. Bello, ma giuro, non mi ricordo cosa sia.

Questo si, con cacao nel brownie, che subisce l'umido del gelato molle alla nocciola, riduzione di aceto di mele, geleé di PX e tartufo. Il tutto regge ma non entusiasma, come diceva il Maestro.

Piccola e dolce, come vorremmo le ragazze

Chiusura in British Style, come uso da King Georges.

gdf

1 commento:

  1. non cuocere il tartufo nero è un errore da matita blu e sembra ripetuto in due piatti....non si fa

    gio

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