sabato 25 febbraio 2017

Sottovoce e senza foto


- del Guardiano del Faro -

Non ho inventato nulla. Era Keith Floyd, ex chef, ristoratore e poi conduttore televisivo BBC itinerante per fatti inerenti l'alta cucina. Neppure il bicchiere di vino bianco è originale, che è la mia maniera di vivere la cucina altrui in modalità live, sempre in bianco. Ce l'aveva -ce l'ho- sempre in mano, strumento più indispensabile di un microfono per tirare avanti la cronaca, anche stasera.

Il vecchio Keith, che immagino ci lasciò proprio a causa di quel gran bel vizio condiviso, aveva già previsto anche questo dettaglio fondamentale per resistere quattro ore in cucina, cercando di sistemarsi nell'unico angolo libero in attesa della prima comanda, in quel mezzo metro quadro dove non darai fastidio, angolo che in realtà non esiste in una cucina professionale, perché dietro, sotto o sopra di te c'è sempre un qualche cosa che servirà ai cuochi impegnati durante l'orario di servizio.

La sua vittima preferita, un certo Marco Pierre White, impegnato nella preparazione di un indimenticabile coda di pescatrice farcita sotto pelle da St. Jacques scozzesi

Il ristorante stasera è al completo. No fotocamera, no telecamera. Si, la camera in realtà ci sarebbe -grazie Flavio-ma non mi va di occupare l'unico tavolo rimasto, che poi in effetti tornerà utile agli ultimi clienti fuori orario. Non mi va di cenare da solo stasera, meglio godermi lo spettacolo di una decina di cuochi e mezza dozzina di persone di sala impegnate a confezionare e consegnare 400 preparazioni da impiattare alla perfezione in tre ore, prima di essere portate sulle eleganti tavole del 21.9

Chef saucier non alza mai nè i toni nè la voce durante tutto il tempo. Qualche occhiata basta, dal pass, dove rifinisce i piatti, da dove rilancia a voce la comanda appena consegnatagli dal maitre, trovando però il tempo di buttare un occhio sulla stufa e, intervenendo di mano -ma in silenzio- se qualcuno dei suoi va in difficoltà.

Non puoi definirti chef se non sai coordinare almeno questo numero di cuochi, impiegati -ognuno- in una funzione, con delega ad aiutare gli altri quando necessario. Se non sai fare questo sei un cuoco e basta.

Al lancio orale della comanda chi deve rispondere si limita ad un pacato ma convinto "si chef" moderato anche di volume, tanto la cappa è piuttosto silenziosa stasera, come lo chef. Ma lo stagista giapponese appena arrivato, impegnato al taglio millimetrico di un filetto di palamita è stato abituato diversamente, e così ci fa sobbalzare tutti quanti con un clamoroso e urlato "YESS CHEF !!!  " Era alle mie spalle, perché non c'è mai un posto tranquillo in cucina. Mi stavo tirando addosso il calice di Chablis.

Ogni tanto, lo capisco dalla cura con la quale lo chef mette sulla stufa un piccolo tegame, si sta pensando anche a chi osserva, bevendo bene, tanto, troppo e, mangiando poco. Nel corso della serata, senza accorgermene, avrò comunque provato in dosi omeopatiche almeno metà della carta. Percorso netto, senza inciampi, anche mangiando in piedi.

Mi rimarrà incollato al palato fino al mattino il sapore di una pasta ripiena che si chiama : cacio, pepe e pomodoro, persino dispiaciuto -avendo rinunciato alla Nikon- di non essere stato seguito per l'intera serata da una piccola telecamera che immortali un servizio perfetto, ma anche per quello, stay tuned.






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