lunedì 29 gennaio 2018

Ingegno e regolatezza, da Noli Controcorrente.


- un pesce fuor d'acqua -


C’è chi cerca la vista mare e chi ce l’ha compresa di spiaggia, ma se ne allontana (quel poco) di proposito per‘chiudersi’ nel caruggio nolese, accanto alla porta medioevale, tra la torre di San Giovanni e le case tutte vicine in pietra storica. Il mare però è sempre in traiettoria e il caso vuole che davanti alla porta del locale prescelto, a qualche bràgiu di distanza, si trovi una pescheria e non una qualunque:la Clelia, istituzione di Noli.

La storia di Davide e Martina (quella che li lega al mare) ha inizio nello stabilimento balneare di lui, dove per anni ha cucinato la cucina del turista di riviera a pranzo, veloce e sfama pance con il supporto, la precisione e la sveltezza di lei in sala. Sguardo pacioccone e sorriso gioviale lui, faccino vispo e affabile lei, con il sorriso più riservato e rassicurante.


foto di Gelmina Kaminskaite
Carina la vita con il mare lì davanti, l’aria, il vento, la sabbia sotto i piedi; ma non abbastanza per chi ha in mente qualcosa di più intrigante, di diverso, da fare insieme e da pensare bene. A puntino, perché è di due ingegneri (uno mancato) che stiamo parlando. E se un ingegnere è ‘colui che possiede le conoscenze o le competenze per creare e realizzare dei progetti’, figuriamoci cosa può succedere quando quello da realizzare è un sogno personale e condiviso da due ingegneri, congiunti.

La soddisfazione arriva, dopo un paio di anni di ricerca, da un localino che a vederlo di sfuggita sfugge, neutrale. Colpo di fulmine,prendere o lasciare, che loro hanno preso e trasformato con ingegno in100 mq in quadrato di richiamo al mare panna e turchese.


100 mq glamour, e fresh che sembrano molti di più, merito del lavoro arguto dell’architetto piemontese Alfio Tomatis che ha approfittato con senso degli spazi che appartenevano a un’officina prima e a un bar sui toni verde fluo poi, senza strafare, ampliando con le luci naturali il locale. 

Dall’esterno basta una girata di testa soffermata, complice la luce del sole o quella degli interni, a cambiare subito l’attenzione, sfuggita a prima non vista. Subito pare una gioielleria, poi si nota che non c’è bigiotteria in esposizione ma ci sono tavoli composti e una cucina in tutta mostra a far da padrone alla sala ordinata.


È una boutique con funzione di ristorante, che non c'entra apparentemente niente nel contesto, ma che ne è inglobato volentieri per scelta. È un’eccezione decisamente interessante.

Controcorrente,si dichiara a tutto logo sulla parete, Controcorrente ma… (e andremo a sviscerarne le sfumature via via narrando) con le dovute accortezze.

Obiettivo: essere sé e non gli altri nel rispetto dei luoghi e dei tempi ospitanti e dell’ hospitality.




-Dentro l’antico borgo marinaro, meta di villeggiatura, ma Controcorrente dall’acchiappaturismo diffuso. Per acchiappa curiosità e buongustai, non il turista disinteressato.

- Pescato, ingredienti e cadenza linguistica sono liguri, ma la cucina è di derivazione italiana. Design, sofisticatezza e apparente apparenza in sala, ma armonica ricerca di un gusto vero in cucina con tanto studio autodidattico tra libri e prove casalinghe. Materia prima di mare, ma mano da terra (vedere controfiletto di agnello per intendere).


-Visto che il mare come si è detto è appena lontano, i tavoli ne invocano la vicinanza: sono‘ripieni’ di granelli di sabbia, stelle marine e conchiglie, sigillati con uno strato trasparente di resina brillante. Perché è principalmente di mare quello che si mangia. Ma, non come in spiaggia.


- Purtroppo ancora non si tratta del solo mare di pescheria per motivi pratici, tecnici e di clienti da educare. Purtroppo perché alcune preparazioni e soluzioni di abbinamento già soddisfacenti potrebbero dire la loro con maggior carattere con prodotti di altra origine. Ma il discorso è immaginario e lo sappiamo, il ristorante deve vendere e lo sappiamo, la materia prima dell’etica e dei sogni è incostante e una sofferenza e quindi va bene così. La digressione è consapevolmente un’illusione.

- La carta dei vini è tecnica perché Martina ingegnere lo è con tutte le carte in regola, precisa e strutturata secondo percorsi studiati, ma si apre al cuore anche se lo nasconde bene. Tra le righe, poco empatica tiene ben al sicuro quelle bottiglie che la fanno sognare, i Pinot Noir o quelli di simile eleganza, speciali per lei. La carta dei vini preferisce raccontartela. D’altronde la passione enologica ha preso il sopravvento agli studi universitari e da pochissimo gli autodidatti sono sommelier diplomati a tutti gli effetti. 





Termina qui la prima parte di introduzione al luogo di cui trovate dettagli in più nel San Valentino Controcorrente del Guardiano del Faro (qui: http://armadillobar.blogspot.it/2017/02/unidea-controcorrente-per-san-valentino.html).

Passiamo all’esperienza del loco, al lungo pranzo di nice to meetyou con il sogno di Davide e Martina. Conviviale tra sala e cucina, nella loro direzione ostinata e contraria, Controcorrente, per il verso giusto con tanti sorrisi e prudente vivacità d’ingegno. 


È cauto, misurato e riflessivo l’ingegnere nell’elaborazione senza rielaborazione dei piatti, sicuro nelle tecniche, insicuro nel nuotare con forza contro la corrente del morbido gusto ligure, piacevole, ma che potrebbe reggere una punta, soave, di brio che Davide sa di poter dare. Tempo al tempo e testa sul collo, ora si va bene così. 

il pane clandestino...

Le entratine.
Delicate e incisive le calde. Croquette di baccalà morbido impankato e fritto asciutto, corretto da non unger le dita in dolce compagnia di peperoni dolci in crema arancio. Il Polpo è pugliese, di Santo Spirito,a doppia cottura a vapore e arrostito alla piastra, su crema fondente di patate, saporito con olive taggiasche sbriciolate e olio al chinotto Chin’oro (un must try del savonese) che condisce profuma e rispetta polpo, patate e taggiasche in sapidità e classicità.

Le fredde sono crude, e un si annunciano Controcorrente. La prima, la battutina di gambero bianco locale ha, in gocce, il carattere dell’olio toscano Delicate del Frantoio Franci; senza nulla togliere ai soavi oli liguri, apprezzati ma non scelti. La seconda,di salmone puro Upstream è Controcorrentedi suo, parliamo di salmone, è estremamente dolce con un appena di Sale di Maldon.

Il pane “fatto in casa” è speciale: bianco e di grano arso, di incredibile ‘alveolità’ e morbidezza degna di crosta perfetta, inaspettato in una giornata grigia, di acquazzone e umidità da bagno turco. Con lui focaccia ligure, grissini classici e alle noci ben croccanti.
Prima dei primi.




La Triglia è di scoglio locale con il suo simpatico intenso sapore di mare, luccicante anche grazie al diamantino di basilico vetrificato. Poggia su unaspuma di provola affumicata, suadente e rotonda, setosa, ravvivata soltanto da noci pecan e paprica dolce. In linea con la ricerca di morbidezza della cucina del territorio, in cerca di un angolo effervescente (acido/amaro) per chi ha il palato esigente e pedante (chi scrive).

Il crudo di Seppia, di Porto Santo Spirito anche lei, per morbidezza e pezzatura, si squaglia leggiadro in bocca tra la crema di piselli amabile e i granelli esuberanti di polvere di capperi. Le perle nere di caviale TraditionPrunier, sono poche e taciturne. Colloquierebbero meglio agrumi locali, in scorza o da inventare.

Primis.

I tortelli sono ripieni di carciofi di Albenga e pochissimo altro, racchiusi in sfoglia certa con uova in abbastanza (non in stretto necessario come gli stoici liguri la fanno), giusta e saggia per il condimento scelto così importante, predominante quasi prepotente. Un estratto (non una bisque) di gambero dal sapore e odore pieno di salsedine e porto di mare. Troppo delicato il ripieno o troppo forte la salsa, da riadeguare. Buono il crudino di gambero di Sanremo, preso in disparte.
 
I paccheri di maison Felicetti, interno Monograno Senatore Cappelli, sono conditi con vongole, pomodorino giallo e bottarga di tonno siciliana artigianale, Controcorrente a listarelle. Un crescendo di sapori netti e balzi di gusto equilibrati. Conditi con un filo d’olio siciliano cultivar Nocellara, sono mediterranei, vigorosi e dolci in simultanea. 

Il pacchero è troppo pacchero per i gusti personali di chi scrive, troppo presente e disgregante. Forse diventerà un corzetto, o un’orecchietta, per agevolare l’unione dei gusti. Forse no. In fondo andare Controcorrente vuol proprio dire non fare quello che farebbero gli altri (sempre che anche gli altri di riferimento non nuotino Controcorrente)

Tra i secondi il secondo.
Cucinando una cosa Controcorrente… ecco il salmone, che la corrente la risale nuotando. Puro, dalle isole Faroe, della Upstream way of life, cotto da un solo lato compreso di buccia commestibile. È inadatto alle creme del caso (e se vogliamo esser precisi al luogo). Anche se cotto a dovere, con le giuste consistenze e apparenze ha quel sapore grasso quasi di fondale pesante troppo persistente, che divorzia con la salsa graziosa di finocchio estratto fresca e dolciastra e litiga con la crema vellutata simil maionese di aceto di mele e miele. Idea di amici da invitare (condimenti) ottima, da ripensare alla ragione d’invito.
È il Contro…filetto di agnelloil Controcorrente gran piatto del giorno. Cotto a puntino, tenero e non selvaggio (merito dell’origine neozelandese). Si parlava di mano di terra tante righe più in là e qui si spiega il perché. Il piatto è stellare, perché fa vedere le stelle con ogni boccone. Concentrato armonico di tutti i cinque gusti fondamentali. Portentoso, con una striscia di sedano rapa estratto dolcepungente sotto filetto, e qualche dettaglio di riduzione di Barbera a lato forte di acidità piena e convinta, dal profumo di frutti rossi. Carciofi spadellati un attimo croccanti adagiati proprio sopra in un attimo. Voilà. Buonissimo.
Romantici i dolci.

Davide è un pasticcere incosciente. Dice che i dolci non sono il suo forte, non è consapevole delle proprie azioni. Martina, la voce della verità che conosce quanto può essere caparbio e studioso il suo ingegnere, dice che in realtà sa di aver mano e testa da dolce, ma conosce anche le tempistiche per farlo. Lo fa ‘malvolentieri’, dice, ma si tratta di sola pigrizia mista a modestia. I risultati parlano volentieri al posto suo.

La Namelaka(traduzione italiana:Ultra Cremoso) invenzione dolce giapponese molto morbido è una sorpresa da mille cucchiaiate in una notte. Come una ganache ariosa alcioccolato bianco IvoireValrhona, soffice, inacidita con garbo dall’esotico passionfruit disidratato e rinforzata dalla terra di cioccolato fondente intenso, un po’ tostato.

Il Cremoso al cioccolato fondente Valrhona Itacuja e salsa inglese al mango è un dolce da San Valentino. Vellutatissimo com’è, sensuale con verve tropicale, crumble alla nocciola e freschezza profumata in geleé di lime e basilico.







Delicate e incisive le calde. Croquette di baccalà morbido impankato e fritto asciutto, corretto da non ungere le dita in dolce compagnia di peperoni dolci in crema arancio. Il Polpo è pugliese, di Santo Spirito,a doppia cottura a vapore e arrostito alla piastra, su crema fondente di patate, saporito con olive taggiasche sbriciolate e olio al chinotto Chin’oro (un must try del savonese) che condisce profuma e rispetta polpo, patate e taggiasche in sapidità e classicità.




Le fredde sono crude, e un si annunciano Controcorrente. La prima, la battutina di gambero bianco locale ha, in gocce, il carattere dell’olio toscano Delicate del Frantoio Franci; senza nulla togliere ai soavi oli liguri, apprezzati ma non scelti. La seconda,di salmone puro Upstream è Controcorrente di suo, parliamo di salmone, è estremamente dolce con un appena di Sale di Maldon.



Il crudo di Seppia, di Porto Santo Spirito anche lei, per morbidezza e pezzatura, si squaglia leggiadro in bocca tra la crema di piselli amabile e i granelli esuberanti di polvere di capperi. Le perle nere di caviale Tradition Prunier, sono poche e taciturne. Colloquierebbero meglio agrumi locali, in scorza o da inventare.


La Triglia è di scoglio locale con il suo simpatico intenso sapore di mare, luccicante anche grazie al diamantino di basilico vetrificato. Poggia su una spuma di provola affumicata, suadente e rotonda, setosa, ravvivata soltanto da noci pecan e paprika dolce. In linea con la ricerca di morbidezza della cucina del territorio, in cerca di un angolo effervescente (acido/amaro) per chi ha il palato esigente e pedante (chi scrive).





I tortelli sono ripieni di carciofi di Albenga e pochissimo altro, racchiusi in sfoglia certa con uova in abbastanza (non in stretto necessario come gli stoici liguri la fanno), giusta e saggia per il condimento scelto così importante, predominante quasi prepotente. Un estratto (non una bisque) di gambero dal sapore e odore pieno di salsedine e porto di mare. Troppo delicato il ripieno o troppo forte la salsa, da riadeguare. Buono il crudino di gambero di Sanremo, preso in disparte. 



Il pacchero è troppo pacchero per i gusti personali di chi scrive, troppo presente e disgregante. Forse diventerà un corzetto, o un’orecchietta, per agevolare l’unione dei gusti. Forse no. In fondo andare Controcorrente vuol proprio dire non fare quello che farebbero gli altri (sempre che anche gli altri di riferimento non nuotino Controcorrente)



Cucinando una cosa Controcorrente… ecco il salmone, che la corrente la risale nuotando. Puro, dalle isole Faroe, della Upstream way of life, cotto da un solo lato compreso di buccia commestibile. È inadatto alle creme del caso (e se vogliamo esser precisi al luogo). Anche se cotto a dovere, con le giuste consistenze e apparenze ha quel sapore grasso quasi di fondale pesante troppo persistente, che divorzia con la salsa graziosa di finocchio estratto fresca e dolciastra e litiga con la crema vellutata simil maionese di aceto di mele e miele. Idea di amici da invitare (condimenti) ottima, da ripensare alla ragione d’invito.


È il Contro…filetto di agnello il Controcorrente gran piatto del giorno. Cotto a puntino, tenero e non selvaggio (merito dell’origine neozelandese). Si parlava di mano di terra tante righe più in là e qui si spiega il perché. Il piatto è stellare, perché fa vedere le stelle con ogni boccone. Concentrato armonico di tutti i cinque gusti fondamentali. Portentoso, con una striscia di sedano rapa estratto dolce pungente sotto filetto, e qualche dettaglio di riduzione di Barbera a lato forte di acidità piena e convinta, dal profumo di frutti rossi. Carciofi spadellati un attimo croccanti adagiati proprio sopra in un attimo. Voilà. Buonissimo.


La Namelaka (traduzione italiana: Molto Morbido) invenzione dolce giapponese ultra cremosa è una sorpresa da mille cucchiaiate in una notte. Come una ganache ariosa al cioccolato bianco Ivoire Valrhona, soffice, inacidita con garbo dall’esotico passionfruit disidratato e rinforzata dalla terra di cioccolato fondente intenso, un po’ tostato.


Il Cremoso al cioccolato fondente Valrhona Itacuja e salsa inglese al mango è un dolce da San Valentino. Vellutatissimo com’è, sensuale con verve tropicale, crumble alla nocciola e freschezza profumata in geleé di lime e basilico.


giovedì 25 gennaio 2018

Materia 116



- di Michela Brivio -



Materia è il mio primo viaggio enogastronomico del 2018 e Materia è il nome con cui il gdf mi prenota un tavolo nell’armadillo bar. Che dite? Io mi siedo e intanto ne assaporo la sensazione ordinando da bere.

Mai sola ovviamente. E parto per questo viaggio con amici e produttori del vino che sorseggiamo, per raccontarvi l’incontro con questo quartetto contemporaneo, l’ultracentenario (somma età esatta nel titolo) più desiderato e atteso nel rosso panorama ...

Per protesta e, pensando sia solo un riconoscimento rimandato, andiamo sul bianco con Le Calderine. Un vino molto schietto, che parte vegetale e finisce minerale con un tocco di autoctono tanto caro all’Azienda: il Verdese, unico vitigno lariano e unica realtà vinicola a valorizzarlo, anche in totale purezza.





Eleonora ed Emanuele della Cantina Angelinetta fanno parte della continua ricerca e selezione dei loro produttori, ed è amore al primo assaggio e, ora uno dei pochi punti fermi di questa realtà, sempre in continuo movimento.

E’ un movimento che parte lento e che trasmette la sicurezza di una materia conosciuta e amata, il proprio territorio e i legami affettivi/familiari, per poi diventare un vortice esplosivo che ti porta da una parte all’altra del mondo, abbracciandone sapori e profumi, in una contaminazione davvero sorprendente, trovando sempre il perfetto equilibrio anche negli accostamenti più insoliti e nelle note apparentemente discordanti.


Il Noma a Copenaghen è l’esperienza che travolge il giovanissimo cuoco Davide Caranchini aprendogli un nuovo mondo, quello vegetale e del “foraging”, che diventa centro indiscusso della sua cucina e retrocucina, visto l’orto/serra di cui si occupa prevalentemente il Marco Sberna.

Ma è anche il Giappone e l’Oriente a iniettargli un’altra fonte di energia, sia negli ingredienti che nelle tecniche di lavorazione. Marinature, fermentazioni ed estrazioni diventano il modo per andare al cuore e valorizzare tutte le potenzialità di ogni singolo elemento del piatto, che risulta un dipinto da degustare con tutti i sensi, per un’esperienza a dir poco sensuale.

Qualsiasi percorso si sceglie il green power è sempre presente marcando fortemente la sua personalità professionale.

Un piatto che riassume tutte queste parole, parole, parole ... ?
Un antipasto, che è decisamente un concentrato di tutta la sua materia.
Insalata di cavolo rosso sottaceto, rondelle di midollo di vitello affumicato, caviale, latte di mandorla amara e foglie di abrotano, ruta, assenzio, cerfoglio, achillea, carota selvatica, acetosella.

Acidità-amarezza, costanti in ogni suo piatto, neutralizzano la lieve grassezza, per un equilibrio a dir poco perfetto.


Ma ho mentito prima, perché c’è un altro piatto altrettanto fulminante.
Linguine al non pomodoro.
Ingrediente pomodoro non pervenuto, anche perché non è di stagione. Quindi il pomodoro dov’è? Non c’è ma si sente e il suo sapore è ottenuto dalla fermentazione delle prugne, perfetto, preciso e stupefacente.

L’apparente semplicità di una linguina al pomodoro, mantecata al parmigiano e rifrescata dal basilico, nasconde un genio creativo che si fatica a trovare.


Se vi dico che ho mentito ancora?
Effettivamente non posso continuare così, il gioco è bello finchè dura, ma qui è talmente bello che non dovrebbe mai finire, oppure sì ma solo per assaggiare le prossime venture creazioni dello chef.
Purezza. La parola porta a un solo colore, il bianco, ed è questo tono a interpretare il dolce che fa parte del nostro menù a mano libera.

Cacao, caffè e nocciola richiamano la monocromia ma non certo candida. Distillati e raccontati in tre consistenze diverse e nel gioco amaro, acido e grassezza che è proprio un maestro nel gestire.



Io e noi osiamo lasciando mano libera a Davide ed è quello che vi raccomandiamo, per scollegare cervello e papille gustative, per un’esperienza del gusto davvero unica.
Abbandonatevi in tutto e per tutto per cogliere ogni singola sfumatura di questo viaggio .116

In sala sarete coccolati dalla compagna Ambra Sberna, unica quota rosa di casa, e Luca Sberna, sommelier molto discreto e appassionato del proprio lavoro come tutti, tanto da abbandonare il percorso di studi economici per condividere questo bellissimo progetto.

Ma è tutta contemporaneità? No. In realtà è “solo” un ricordo e una formazione super classica ad ispirarlo. “Mi piace pensare alla cucina di 50 anni fa, dove si usava quello che c’era e nella stagione dell’abbondanza si trasformavano gli ortaggi freschi da conservare”. Il modo di farlo è decisamente cambiato e lui stesso definisce la sua cucina un laboratorio, ma lo scopo è unico, fare una cosa buona, e senza utilizzare una tecnica fine a sè stessa.

Non devo aggiungere più nulla perché questa è davvero una tappa obbligata. Lo dicevano anche a me e ora che l’ho provata non posso che fare la stessa raccomandazione a voi, nuovi amici del bar, che prima guardavo da lontano e ora da più vicino, seduta al vostro/nostro tavolo.

Encantada!

PS. Le foto sono troppo belle per essere mie e probabilmente avete già capito di chi sono, per lo stile unico e inconfondibile. L’invito all’armadillo bar mi ha colto di sorpresa e quindi per il mio primo pezzo non potevo pubblicare gli scatti fatti a tavola, anche perché ero distratta dall’esperienza davvero emozionate e quindi non ho dedicato troppo tempo a questo aspetto . Ma dalla prossima volta sarò io, in purezza. Grazie Lido Vannucchi.



Ristorante Materia
I. Via Cinque giornate 32, Cernobbio 22012, Como
T. + 39 031 2075548


  

martedì 23 gennaio 2018

Cannavino alla prova del bue



-un pesce fuor d’acqua-


Cosa succede quando Davide Cannavino nel suo centro genovese (di nuova gravità permanente, si rimanda a una prossima volta il racconto del suo gravitare a Palazzo Meridiana) ospita a pranzo una borgognata goliardica ? Cosa succede quando Davide Cannavino non cucina quello che vuole lui, ma quello che gli viene commissionato?

Cosa succede quando Davide Cannavino ci mette lo zampino, birichino.



Non poteva essere un banale remake di piatti comandati: un po’ 80’s, un po’ francofoni. No, Cannavino in Mastering the art of French Cuisine con 5 kg di coda di bue, ci mette il suo tocco energico, irruente, eccentrico. 

Allegro, vivace, “ribelle”, ne combina di tutti i sapori, come un Arlecchino senza toque, ma con grembiule modesto da monello che a tutto pasto lascia tracce amare e acide spiazzanti nella morbida e rotonda cucina d’Oltralpe rinomata e codificata. Senza guarnizioni va dritto al punto, dritto al Goût de France, sbarazzino alla Cannavino.

N.B. Il pasto conviviale era di contorno alle sacre bottiglie in photo gallery. Ma la loro è tutta un’altra storia.
solo una parte ... N.D.R.




Gli snack d’accoglienza sono quelli del gastronomico di cui assaggeremo un'altra volta, sono un piccolo crescendo di bocconi esplosivi calibrati per accendere tutti i recettori del gusto. Ne cito alcuni d’effetto: i blandi panini al basilico al vapore ripieni di prescinseua, le spavalde brioche salate ripiene di fegato di merluzzo, i pomodorini spellati dal vago ricordo di Campari, la coppa di testa (di pesci) preparata in cassetta con tutti gli scarti, fresca e delicata, ben oltre il sentimentale no foodwaste, con vero senso di esser tale e un paio di champignon-contenitore di una cucchiaiata ricca di coda alla vaccinara, poco finger, intensi, gordi, fullflavour.

È il momento di un po’ di revival, con la terrina di coda di bue ‘80s style. È a tutto scazzo, voluto e studiato, gradito, vintage in semplice fettona adagiata a centro piatto. Poi la mangi e c’est perfect. Duttile che non lo puoi spiegare, senza l’effetto viscido che t’aveva traumatizzato alla vista, con l’acidità morbida della salsina in copertura (forse vinaigrette, sicuramente citrica) che non prende il sopravvento, prende “per mano” la carne in blocco.

Però Il fritto, nel brodo, proprio no. E così il cubotto fritto di bue, un po’ selvatico non si fa amare in brodo di bue, macis e acetosella. Amaro, si inciuccia del liquido, si affloscia fuori, perde la panatura a tocchi e lascia sola la carne, amaricata e dura.

Altra storia quella del Roast Beef. Vellutata la sfoglia di carne, ti aspetteresti la salsa, anzi la vorresti (convenzionalismo). E invece no, non c’è, ecco il discolo che esce: serve tutto a secco, con amarezze vegetali calibrate e fiocchi di Isotpepper, di piccantezza gentile tabacco e cacao. La carne è così convincente che finisce prima ancora di sentir la necessità di richiedere l’intercessione di una salsa. Salse Madri e Figlie 0 – Cannavino 1.

Plin di solo bue brasato in brodo di bue che doveva esser una glassa secondo ricetta comandata. Ma, ora e lì stanno meglio a bagno nel loro brodo con tutti i crismi e i sapori, soprattutto se la sfoglia è “svogliata” per scelta, grezza, spessa, presente.
Il ripieno di bue come deve essere c’è, ma ci sono anch’io (sembra sussurrare soddisfatto il disobbediente dalla cucina).

Le Roy du Borgogne est intouchable. Il Bue finalmente tutto il suo essere è alla Borgognona pura, rigorosa, in dadi grandi, stufato tutte le sue ore nella magnum di Vin Rouge scelta per l’occasione.Tenerissimo, deciso, dai profumi eterei di Bourgogne, sontuoso con verdurine e champignon come le origini contadine, le accortezze raffinate di Monsieur Escoffier e le casalinghe di Julia Child lo vogliono. Di contorno a quella che è una delle istituzione di Francia arriva un altro caposaldo, le patate in purea pallida e setosa e una chicca di stagione, le cimette di cavolfiore bianco al dente dal cenno muschiato.

Petit folies en pre dessert: un quadrotto di cioccolato morbido e compatto e un rischioso gioco di equilibri tra panna senza zucchero e… wasabi. Poco poco, giusto, aromatico, erbaceo. Centrato, divino.

La Cheese cake è scomposta, ma sarebbe da ricomporre. Nescia (in slang zeneise), anonima di sapori e consistenze, svilita forse dal contrappeso magico del dolce precedente. To try again.

Tra i petit four c’è la gelée di Sambuca, da only the brave. Quella gran genialata, miscellanea d’alcol e anice pungente, che ti acchiappa, ti stende, ti mette al tappeto. E da sdraiato a occhi sbarrati hai anche il coraggio di dire wow. Cannavino canaglia.

Piccola riflessione: Se questo è solo un assaggio, un poco di quello che è la Meridiana... ecco che la curiosità sale al livello 10/10.

Seeyouveryverysoon




Gli snack d’accoglienza sono quelli del gastronomico di cui assaggeremo un'altra volta, sono un piccolo crescendo di bocconi esplosivi calibrati per accendere tutti i recettori del gusto. Ne cito alcuni d’effetto: i blandi panini al basilico al vapore ripieni di prescinseua, le spavalde brioche salate ripiene di fegato di merluzzo, i pomodorini spellati dal vago ricordo di Campari, la coppa di testa (di pesci) preparata in cassetta con tutti gli scarti, fresca e delicata, ben oltre il sentimentale no foodwaste, con vero senso di esser tale e un paio di champignon/contenitore di una cucchiaiata ricca di coda alla vaccinara, poco finger, intensi, gordi, fullflavour.






È il momento di un po’ di revival, con la terrina di coda di bue ‘80s style. È a tutto scazzo, voluto e studiato, gradito, vintage in semplice fettona adagiata a centro piatto. Poi la mangi e c’est perfect. Duttile che non lo puoi spiegare, senza l’effetto viscido che t’aveva traumatizzato alla vista, con l’acidità morbida della salsina in copertura (forse vinaigrette, sicuramente citrica) che non prende il sopravvento, prende “per mano” la carne in blocco.


Però Il fritto, nel brodo, proprio no. E così il cubotto fritto di bue, un po’ selvatico non si fa amare in brodo di bue, macis e acetosella. Amaro, si inciuccia del liquido, si affloscia fuori, perde la panatura a tocchi e lascia sola la carne, amaricata e dura.


Altra storia quella del Roast Beef. Vellutata la sfoglia di carne, ti aspetteresti la salsa, anzi la vorresti (convenzionalismo). E invece no, non c’è, ecco il discolo che esce: serve tutto a secco, con amarezze vegetali calibrate e fiocchi di Isotpepper, di piccantezza gentile tabacco e cacao. La carne è così convincente che finisce prima ancora di sentir la necessità di richiedere l’intercessione di una salsa. Salse Madri e Figlie 0 – Cannavino 1.


Plin di solo bue brasato in brodo di bue che doveva esser una glassa secondo ricetta comandata. Ma, ora e lì stanno meglio a bagno nel loro brodo con tutti i crismi e i sapori, soprattutto se la sfoglia è “svogliata” per scelta, grezza, spessa, presente. Il ripieno di bue come deve essere c’è, ma ci sono anch’io (sembra sussurrare soddisfatto il disobbediente dalla cucina). 



Le Roy du Borgogne est intouchableIl Bue finalmente tutto il suo essere è alla Borgognona pura, rigorosa, in dadi grandi, stufato tutte le sue ore nella magnum di Vin Rouge scelta per l’occasione.Tenerissimo, deciso, dai profumi eterei di Bourgogne, sontuoso con verdurine e champignon come le origini contadine, le accortezze raffinate di Monsieur Escoffier e le casalinghe di Julia Child lo vogliono. 


Di contorno a quella che è una delle istituzione di Francia arriva un altro caposaldo, le patate in purea pallida e setosa e una chicca di stagione, le cimette di cavolfiore bianco al dente dal cenno muschiato.



Petit folies en pre dessert: un quadrotto di cioccolato morbido e compatto e un rischioso gioco di equilibri tra panna senza zucchero e… wasabi. Poco poco, giusto, aromatico, erbaceo. Centrato, divino.



La Cheese cake è scomposta, ma sarebbe da ricomporre. Nescia (in slang zeneise), anonima di sapori e consistenze, svilita forse dal contrappeso magico del dolce precedente. To try again.


Tra i petit four c’è la gelée di Sambuca, da only the brave. Quella gran genialata, miscellanea d’alcol e anice pungente, che ti acchiappa, ti stende, ti mette al tappeto. E da sdraiato a occhi sbarrati hai anche il coraggio di dire wow. Cannavino canaglia.