giovedì 10 maggio 2018

Cena a quattro (sei) mani, speciale



- di Greta Contardo -

I Castelli ospitano Capocotta, o forse Capocotta ai Castelli, o meglio Capocotta e Castelli….e se fosse Ai Castelli con Capocotta o magari tra i Castelli, Capocotta? Boh, facciamo prima: “Una cena a 4 mani, speciale.

Che ha di speciale? Procediamo per elenco puntato.



·       .  La location - quel fantameraviglioso Grand Hotel d’altri tempi con ammaliante Ristorante con terrazza che“non riesco più a parlare con questa vista pazzesca a picco sul mare”. “Ai Castelli” si chiama, e non è difficile immaginare il motivo fiabesco - strutturale che amplifica l’atmosfera giàda sogno, perché questo posticinoè pure abbarbicato in cima alla Penisola della bellissima Sestri Levante e gode della vista scenografica sulle due baie incantate lì sotto, la Baia delle Favole e la Baia del Silenzio e sul Golfo del Tigullio tutto. Circondato dal parco del Conte Gualino, è la location da favola per il giorno più bello della tua vita o, un po’ più alla portata di tutte le tasche e prospettive di vita, per un seducente tramonto mozzafiato.

·        .  L’amicizia - non è facile da comprendere per chi non è del luogo, ma da queste parti anche se scorre buon sangue tra gli uni e gli altri locali, l’erba del vicino sembra sempre più verde, non ci si guarda di buon occhio; sipensa troppo a cosa fanno tizio, caio e sempronio e troppo poco a godersi il proprio pane quotidiano senza mugugnare. Ecco perché “fa strano” pensare che due locali tra i più sfavillanti della cittadina decidano di fare qualcosa di bello insieme. “Fa ancora più strano” pensare che la decisione di farlo è stata presa ridendo e scherzando quando uno è andato a godersi una cena al ristorante dall’altro e, “qui siamo ai limiti dell’assurdo”, alla fine l’hanno fatto davvero in data 8 maggio 2018.

·        .  L’atmosfera - che hanno creato è da serata di gala alla buffa maniera. Tutto è in cerca di perfezione e a suo modo lo è, tutto è fatto con informale formalità, con sorrisi di divertimento e piacere che sembra sincero, con chiacchiere e commenti. I tavoli sono vestiti a nozze, in abito lungo e bianco, i camerieri pure in completo giacca e cravatta. Sono tanti, tantissimi e ronzanoveloci di qua e di là, ogni tanto perdono il ritmo, ma ritrovano sempre il tavolo giusto. E sono tanto piacevoli da vedere.

·      .  L’incontro di cucina - e non parliamo di dialoghi di culture o di contaminazione di generi culinari. I due cuochi Jorg Giubbani e Matteo Armanino nei rispettivi ristoranti Capocotta e Ristorante ai Castelli hanno a che fare tutti i giorni con gli stessi ingredienti, con la stessa clientela da conquistare e che va un po’ dall’uno e un po’ dall’alto (giustamente); e con la stessa cucina ligure rustica e delicata, di mare, monti e tante erbe, da raffinare con il loro zampino. Lo fanno in modo molto diverso, che poi è simile a tratti, con la stessa identica intenzione di far provare ai clienti un’emozione o anche solo una sensazione. Come, cosa e perché cucinano non è da sviscerare in questa sede. Si dica solo che Jorg è quello enciclopedico e ridondante che aggiunge e aggiunge ai piatti senza mai togliere e come per magia tra tante creme e ancora più elementi, tra il “Ricordo di una Capponada” e “Non c’è Scampo per Bugs Bunny” riesce ad arrivare ad un solo unico obiettivo di gusto, preciso e determinato, buono anche buonissimo. Matteo è dal canto suo delicato, fine, aggraziato e morbido, i suoi piatti sono quello che piace tanto alle donne e che in fondo adorano anche gli uomini, un velo dolci e profumati, sicuri. Una cucina mediterranea semi pura, prettamente di pesce (e ci mancherebbe vien da aggiungere) che sa tanto di Liguria, quella buona anche buonissima.

Entrambi sono timidi e di poche parole, ma a bocca chiusa e fornelli aperti parlano tanto. Si sono accordati in qualche modo, o forse han deciso senza troppi discorsi e hanno fatto siche le due cucine con diverso tono di voce parlassero all’unisono per una cena, dall’entrèe al post dessert.
E niente hanno creato una cena speciale, “una sinfonia melodica al sapore originale” per dirla in toni un po’ pomposi. A quattro mani (che poi erano sei perché ai dolci ha pensato Emily, la new pastry chef del Ristorante ai Castelli) condotta un po’ dall’uno e un po’ dall’altro, a modo loro allo stesso modo.


L’aperitivo in terrazza è a cura di Giovanni, il barman di casa “ai Castelli” con look retrò e baffo importante ed elegante. E ci piace eccome. Mussels Mary per me (un Bloody di scogliera con acqua di vongole e Mezcal) e un Pornostar Martini per la mia socia in affari goliardici (una coppa Martini al femminile addolcita da Passion Fruit e Prosecco.


Entrando entrano le entrèe: oliva sferificata da deglutire soltanto e Bavarese di pecorino con gelatina di piselli e crackeral timo. Ok la prima ci sta, ne vorrei almeno una dozzina della seconda.
Il cesto del pane è stato abolito da questa cena, ottima scelta per ridurre il consumo compulsivo di carboidrati raffinati tiepidi e fragranti incantatori di stomaco. Non si fraintenda: il pane, anzi i panini, ci sono, ma compaiono pochi istanti prima della portata in arrivo e sono pensati in farine e aromi per farle da companatico più che da pane. Panino all’oliva taggiasca, al pesto, al peperone, all’artemisia e ricotta, in ordine di apparizione.


La Caprese di Sgombro è decisamente di Jorg (le foglioline di barbabietola non mentono). Sgombro marinato che trattiene appena l’aroma del limone, tre, quattro o cinque variazioni di pomodoro rosso e giallo, più o meno dolci e un quartino di mozzarella di Bufala. Non manca l’origano. Full Taste, obiettivo partenopeo salmastro centrato.


Un po’ di #orgogliopesto in Matteo, in formato Ravioli ripieni con crema di patate sotto, fagiolini e gamberi viola sopra e pesto dentro a far da filo conduttore. Rotondi e morbidi in bocca ricordano nella dolcezza e nel comfort le lasagne al pesto…e come guizzano di bontà quando si incontrano i pinoli tra i denti! Anche se i ravioli al pesto non sono certo una novità, ogni versione è buona buona a mano sua e bocca nostra. In Pesto We Trust.


Il Risotto Cacio e Pepe di Matteo non è all’onda, ma alla ligure il che vuol dire che è bello compatto nel piatto e cremosissimo in bocca. A pezzetti sottili c’è del  baccalà in olio affumicato sopra e dentro, che si perde un po’ perché il risotto cacio e pepe è proprio tanto buono di suo. E lo è ancora di più quando interagisce con l’allegra e intensa dolcezza dell’incantevole rosa di peperone Piquillo rosso. It’s all about Piquillo.


La Razza di Jorg è Evergreen, perché è sommersa da una coltre di verde. Verde il Levistico, verdi le fave croccanti, verdi i germogli, verde il raviolo d’acqua seminascosto al prebuggiun e verde anche la mela, verde. Anche il gusto è di verde, di erbe primaverili appena raccolte e vivaci, un po' tanniche e tanto amare. Amara anche la pelle bruciacchiatina della razza tanto morbida che non serve nemmeno tagliarla. È un piatto stupefacente che stupisce tutti, prima li intontisce perché diamine se sveglia il palato coccolato di dolcezze salate fino a quel momento e poi lo conquista con un delicato equilibrio di mare e amarezze e profumi di prima collina. È un piatto non da Jorg, o meglio è un piatto da Jorg visti i cotanti elementi e il tocco di dolcezza della mela verde che ci sta proprio bene, ma è uno Jorg un po’ più grande e meno timido che si mette in gioco senza frontiere. B R A V O


Poi tocca a Emily che non si lascia mica metter in secondo piano da quei due maschi in toque. E se ne esce fuori con una semplicissima Frolla alla nocciola con cioccolato Caramelia, ciliegie e prescinseua.Le basta un tocco di classe, una mousse che ti rimane impressa e stampata nel palato e sigilla la cena, un tocco di classe ‘semplice’ e un dessert come un altro è il dolce ricordo della serata.


Ci sono anche i Petit Four,da non lasciare li, ancora a quattro mani: Capocotta presenta le Strosciate olio evo e marsala e le Madeleine al miele con mela e rosmarino. Emily torna sulla lastra d’ardesia con un Frollino ricoperto di gelatina al lampone e cardamomo e con il vincitore della kermesse di fine pasto, un indimenticabile Macaron giallo canarino ripieno di ganache al basilico e limone. Da far invidia a Pierre Hermé e a Ladurée, Grand Maisons du Macarons.


Naturalmente si è bevuto (bene): Vermentino LM 2015 Santa Caterina,  Chardonnay 2007 JNK e Timorasso San Leto 2011 Ricci. E persino un cocktail in abbinamento al dessert.

Combo vincente non si cambia, ma se riuscite a coinvolgere anche gli altri in cose belle così… WOW proprio - e fate un po’ vedere quanto siete bravi in Liguria anche a Levante




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